Un alcaloide anticancro: la Papaverina, (contenuto nell’oppio) scoperto 150 anni fa. Oggi potrebbe apportare una svolta importante nelle cure anticancro.
La documentazione è stata diffusa a seguito della deposizione degli atti alla National Academy of Sciences.
Nei documenti, si rende noto, come la possibile cura sia potenzialmente una svolta per le soluzioni convenzionali.
Infatti il punto focale, di una ricerca durata sei anni, dimostra anche cos’è andato storto nelle cure tradizionali.
La papaverina allora, potrebbe essere un aiuto per il Cancro?
Secondo uno studio condotto dal Dottor Nicholas Denko, tutto ciò sarebbe attendibile e ne spiega il perché con un discorso semplice.
La sfida all’ipossia nel cancro
Bisogna partire dal presupposto che ad oggi, sono state tante le sperimentazioni sul cancro. Ognuna vanta dei pregi e ognuna difetti.
Contro la malattia, sono utilizzate prevalentemente chemioterapia e radioterapia.
Lo studio del Dott. Denko parla principalmente della Radioterapia che colpisce con delle radiazioni la massa tumorale.
Queste radiazioni sono in genere Raggi X, scoperti un secolo fa e impiegati a scopo diagnostico con buoni risultati.
Nella cura dei tumori, le radiazioni sono dette radiazioni ionizzanti e distruggono le cellule tumorali tentando di risparmiare quelle sane.
La media delle persone sottoposte a radioterapia è di 4 pazienti su 10. Spesso la si associa, come cura anche a chemioterapia.
Le zone colpite dalle radiazioni ionizzanti, sono zone “morte” e ipossiche. Dove l’afflusso di sangue è limitato. Questo riduce anche l’impatto di radio e chemio.
La radioterapia, utilizza radiazioni ad alta energia. Queste sono emesse da sostanze radioattive, (es. Iodio e Cobalto) o prodotte da specifiche apparecchiature.
Si chiamano Acceleratori lineari.
Le radiazioni che sono dirette contro la massa cancerosa, danneggiano il tumore e le cellule malate.
In questo modo si evitano loro di proliferare e provocare recidive.
Ma la radioterapia, ha i suoi limiti.
L’equipe di ricerca, rende noto delle migliorie che la papaverina ha apportato.
Un alcaloide anticancro: la Papaverina, utilizzo ed effetti
Secondo lo studio condotto dal Dottor Nicolas Denko, l’ipossia è uno dei problemi che limita il trattamento del cancro con la radioterapia.
Si evince che se le cellule maligne, nelle aree ipossiche di un tumore, sopravvivono alla radioterapia, diventano una fonte di recidiva. Quindi di resistenza al trattamento.
Si parla di una possibilità per combattere il cancro alla base della quale c’è la Papaverina.
Questa aiuta a rilassare la muscolatura liscia dei vasi sanguigni.
Provoca una vasodilatazione e incrementa l’apporto di ossigeno ai tessuti.
Conseguentemente avviene una maggior efficacia chemioterapica.
Il Dottor Denko, sottolinea che lo studio, non vuole ischemizzare il tessuto maligno ma tutt’altro.
Più il tessuto maligno è ischemico, meno è responsivo alla chemioterapia e alla radioterapia.
Soprattutto, nel caso della chemioterapia, (non arrivando il sangue nella parte profonda del tumore), l’efficacia si minimizza.
Il tumore, avendo un’architettura di vasi sanguigni alterati, non permette al sangue di affluire. Quindi il chemioterapico non arriva al centro del nucleo tumorale.
Per quanto riguarda la Radioterapia, anch’essa in termini di efficacia, risente dell’ipossia nel tessuto tumorale.
Questo è legato a una riduzione di radicali liberi presenti nei tessuti malati.
Il discorso della ridotta efficacia della cura è collegato alla limitata quantità di radicali liberi presenti nel tessuto tumorale ipossico.
La svolta nella ricerca
Il nuovo trattamento, punta a combattere l’ipossia. Lo fa incrementando l’efficacia di chemioterapia e radioterapia.
L’obiettivo è di ostacolare la riduzione di ossigeno all’interno della massa tumorale. Riducendone la richiesta metabolica di ossigeno.
La Papaverina agisce anche sui mitocondri, le centrali energetiche delle nostre cellule che producono energia, consumando ossigeno.
L’alcaloide, bloccando l’attività mitocondriale, riduce il consumo di ossigeno e rende i tumori più sensibili alla cura.
Ci vorrà ancora del tempo, per dimostrare l’efficacia della scoperta. Ma il mondo della medicina ne è entusiasta.
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