Anche tu sei importante
Non mettetevi sempre all’ultimo posto
Negli ultimi tempi, con un maggiore crescendo, sento spesso parlare le persone di come si sentono spossati, demotivati, vuoti, inutili e tutta una serie di motivi che a mio avviso andrebbero indagati diversamente, magari con l’aiuto di un professionista. Non sto qui a indicare chi, come e dove, tuttavia sento di dover in qualche modo indagare e sviscerare il concetto per suggerire loro che, in fondo, ciò che conta è non perdere mai di vista l’obiettivo: sé stessi! Inoltre, a causare il problema, per motivi simili o dissimili, è il non sentirsi adeguati a certe richieste o sentirsi sotto pressione per non poter soddisfare sempre certe esigenze altrui.
Ma partiamo dal principio, perché prendere un assioma tale come principio di fatto risulta banale, fuorviante e controproducente per cui mi permetto di partire da lontano: “Non mettetevi sempre all’ultimo posto”! E sì. Può sembrare banale, ma quante volte avete sentito dire che le cose più semplici sono le migliori? forse sempre da quando siete nati.
Nel corso del tempo, da amici, colleghe dell’università, persone anche incontrate casualmente o, ovunque nei social, sento o leggo spesso, dell’importanza di prendersi cura degli altri e di come questo, alla lunga, vada a scapito della cura di se stessi. Non ci siamo! Non fraintendiamoci: prendersi cura degli altri può essere nobile e appagante. Tuttavia, può anche essere dannoso per l’autostima e la cura di sé.
Con una maggiore incidenza, forse anche parte del retaggio culturale educativo che ci portiamo dietro, siamo abituati, educati, a prenderci cura degli altri. Forse perché qualcuno prima di noi ci a spinti, anche con le migliori intenzioni a credere che quanto detto sia nobile e giusto. Di fatti lo è, ma lo è anche non farlo! soprattutto, a scapito di particolari condizioni che minano la nostra salute psicofisica.
Tu sei importante: la figura dell’eroe
Certamente avete sentito definire eroi/eroine amici, mamme, medici, papà, o personaggi di altro tipo, come coloro che salvano vite umane. Spesso si tratta di ruoli in cui ci si aspetta, quasi fosse scontato, che sacrifichino le proprie energie, il proprio tempo e la propria salute per il bene degli altri. Essere visti come “eroi” o addirittura “supereroi” può portare un grande senso di orgoglio e gioia. Tuttavia, crea anche norme in cui si suppone che una persona non abbia bisogno di sostegno o di riposo.
Bisogna ricordare che ciò che si fa è importante, ma si è anche umani. Ed essere umani significa che è imperativo impegnarsi nella cura di sé come una routine. Anche i supereroi hanno bisogno di ricaricarsi alla luce del sole.
Il vero problema però, non è mettersi al primo posto, perché qualcuno riesce a farlo con tranquillità. Il punto è ciò che scatta dentro la persona quando non si aspetta che il “senso di colpa” lo assalga nel momento in cui decide che, anche curare sé stessi, è importante. In effetti, leggendo diversi studi condotti sull’argomento, sembrerebbe che il senso di colpa che potreste provare quando stabilite dei limiti al vostro tempo, per dedicarvi alla cura di voi stessi, è alto. Potreste anche percepire una certa ostilità da parte di coloro che vi circondano a casa, al lavoro o con gli amici.
Il senso di colpa
Dunque, cosa accade? é probabile che, poiché siete sempre stati gentili e disponibili, gli altri dipendano da voi maggiormente da un ideale viziato di partenza che acuisce il fatto che voi siete affidabili. Essere affidabili, coi tempi che corrono non è affatto male: però chiedetevi, quando date la mano a qualcuno per tirarlo su se questi non voglia tirarvi giù e approfittare della vostra benevolenza. Oltretutto, potrebbero non cercare di fare le cose da soli perché sanno di poter contare su di voi. Tanto, dice il proverbio, c’é sempre chi gli toglie “le castagne dal fuoco”!
In questo modo, è possibile generare nelle persone che ci circondano un’impotenza appresa, un diritto e, a volte, una pigrizia. Questo non significa che le persone che hanno bisogno del vostro tempo siano sempre dei “furbetti”, ma il modo in cui cercano di soddisfare i loro bisogni può rafforzare la vostra sensazione di dover venire per ultimi. Però, stabilire dei limiti sani è ancora possibile e importante. Occorre solo tenere presente che gli altri potrebbero trovare scomoda la vostra autodifesa e tentare di opporvi resistenza.
Ci sono soluzioni?
Ci sono. Da un aiuto professionale, in casi gravi di stress e/o depressione alla semplicissima autoaffermazione che, come un mantra può aiutare in alcuni casi. Ad esempio:
- “Io sono importante”.
- “La cura di me stesso contribuisce a prendermi più cura di coloro che mi circondano”.
- “Non posso prendermi cura di nessun altro se sono a corto di energie”.
- “Sono degno di prendermi cura di me stesso”.
- Soprattutto basta autodefinizioni “io sono questo o quello ..”
- Basta ripetervi che non andate bene o che non fate bene se non siete come vi vogliono gli altri.
Siete un essere umano, non un supereroe. E – lo ripeto – anche se foste un supereroe, avreste comunque bisogno di ricaricarvi!
Basta vergognarvi!
Avete mai notato che provate una sensazione/reazione emotiva-negativa quando vi viene detto che non siete eccellenti in qualcosa? Se sentite di non essere perfetti o di non essere all’altezza di standard elevati, potreste provare sentimenti di vergogna. Potreste sentirvi cattivi o deboli. Potreste etichettarvi come “cattive persone” o “pessimi genitori … amici … professionisti” ecc.
Etichettarsi in questo modo non è utile. È normale essere imperfetti, avere bisogno di aiuto e di una pausa. Se vi rivolgete a amici fidati o a un professionista della salute, imparerete rapidamente che non siete soli. Trovate qualcuno con cui poter parlare apertamente dei vostri dubbi e delle vostre preoccupazioni e con cui poter risolvere i problemi per individuare i modi migliori per prendersi cura di voi e per difendervi da questo tipo di situazioni.
Vi lascio con una domanda: Qual è la cosa che potreste fare nelle prossime ore per mettervi al primo posto e dedicarvi alla cura di voi stessi? a voi, l’ardua sentenza.
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