LONDRA – Scena 1: siamo in un giorno qualunque di inizio giugno, nel 1975. I Pink Floyd stanno registrando quello che diventerà uno dei loro pezzi più iconici, “Shine on you crazy diamond”. E’ dedicato al loro ex cantante e chitarrista, Syd Barrett, che hanno dovuto cacciare anni prima, a malincuore, perché ormai era diventato impossibile suonare ancora con lui.
Troppi gli eccessi, troppe le stravaganze di un genio creativo che aveva di fatto inventato la band, ma che ormai non poteva più farne parte. E Syd si era perso, pur rimanendo spiritualmente sempre all’interno del gruppo. Tanto che, per l’album “Wish you were here” che seguiva il best seller “The dark side of the moon“, i Floyd avevano deciso di omaggiarlo con una lunga suite divisa in più parti e ispirata alla sua figura.
Come se, con quel lungo brano, Roger Waters e soci potessero riannodare i fili di un passato che si era interrotto improvvisamente e dolorosamente, lasciando in bocca a tutti quel perenne senso di incompiuto. Ironia della sorte, quando Syd si palesò negli studi di Abbey Road – e gli ex compagni stentarono a riconoscerlo – non ebbe parole positive per la “sua” canzone. Insomma, non ne rimase particolarmente colpito. Ma ormai la magia era completata: il pazzo diamante era, seppur per pochi minuti, tornato a casa. E nulla sarebbe mai più stato come prima.
Syd Barrett: brilla, pazzo diamante
Scena 2: in un live di fine anni ’60 Barrett appare sempre più fuori, sempre più irrecuperabile. Scorda la chitarra sul palco mentre gli altri stanno suonando, e mette in atto tanti altri gesti illogici. Nessuno riesce a capire che cosa gli passi per la testa. Ormai la sua avventura nei Pink Floyd, la sua creatura, era giunta al capolinea. E così si optò in un primo momento per un’uscita morbida, affiancandogli il chitarrista David Gilmour, e infine per un’inevitabile rottura.
Così, quando nel 1975 Syd si ripresentò davanti ai suoi ex compagni, gli venne naturale chiedere a che punto delle registrazioni si trovassero e quando fosse previsto il suo turno. Come se niente, nel frattempo, fosse cambiato. Di cose, in realtà, ne erano cambiate davvero tante, e fu molto difficile dover liquidare Syd come una persona qualsiasi.
A Saucerful Of Secrets
Scena 3: è il 2019, i Pink Floyd ormai non esistono più da diversi anni ma continuano, in qualche modo, a esserci con la loro musica e la loro arte immortale. Non molto tempo prima hanno anche pubblicato a sorpresa un nuovo album, “The endless river“, ricavato dalle sessions del loro ultimo reale lavoro: “The division bell“. A Cambridge, il 7 luglio 2006, Syd Barrett si è spento per sempre, e due anni dopo lo ha seguito anche il tastierista Richard Wright.
Ma il batterista Nick Mason sceglie di fare una cosa bellissima: far rivivere i primi Floyd portando in scena, con gli “A Saucerful Of Secrets”, un tributo al periodo compreso tra il 1967 e il 1972, dunque anche gli anni in cui Barrett militò nella formazione. Per tutti si tratta di un trionfo, di un’idea riuscitissima. Di uno splendido modo per ricordare un grande artista. Ed è effettivamente proprio così. Ancora una volta, dunque, il pazzo diamante brilla. E brilla. E brilla. Shine on, Syd. Forever.