I dipinti di Paul Klee dalla fase giovanile all’essenza dell’astrattismo
Ci troviamo agli inizi del 1900. Artisti importanti quali Kandinsky, Boccioni, Balla, Mondrian, Malevič, Picasso, Matisse, Duchamp, De Chirico e Klee iniziavano una vera e propria rivoluzione del linguaggio artistico. Ovvero, quella che viene definita in principio come una via dell’astrazione, che si fondò quando l’artista subì un distacco di quello che era il significato estetico della rappresentazione oggettiva. L’astrazione, era più che altro un fattore connotativo che si sviluppava sulla base di due principi fondamentali tanto sollecitati dallo stesso Kandinsky nel quale si parlava di un ambito di riferimento storico-artistico o mistico-esoterico. Tant’è che fu preso come esempio, quasi empirico, il libro intitolato “Astrazione ed empatia” di William Worringer (1908) noto come tesi di laurea e poi diventata un’analisi proprio di quelle che furono le culture antecedenti e, successive, a quella greca in cui la linea naturalistica e astratta, non attuavano alcun processo di mimesi naturalistica.
Paul Klee dipinti alla base di un personale universo
Il discorso già impostato da Alois Riegel, nel 1893 con il suo “problemi di stile“, esponeva proprio l’importanza della negazione dell’unicità del modello naturalistico classico e la possibilità di elaborazione dell’immagine al di là delle imitazione del vero; in altre parole per Worringer il lavoro di Riegel era davvero importante non solo per tutti gli elementi stimolanti della sua ricerca, in quanto per aver ribaltato un altro giudizio scontato sulla cultura, secondo cui la Grecia era il modello e, l’arte Romana soltanto la copia pedissequa.
Non a caso proprio nell’arte romana – che esprimeva valori originali, dovuti anche all’influenza di altre culture tra cui quella barbarica – Worringer identificò nel contesto storico culturale un rapporto con questo prodotto artistico e affermò che il vero valore del gusto era l’elemento unitario all’interno del sistema culturale. Tutto ciò si trovava alla base dell’astrazione che si contrapponeva al naturalismo classico. Inoltre, aggiunse che l’empatia – nella fattispecie l’influenza psicologica dell’oggetto artistico sullo spettatore – era un tema già affrontato in altre epoche in cui si sollecitava come l’opera d’arte si esprimeva attraverso l’uso di certe linee che provocavano effetti di calma – ad esempio la linea orizzontale o di tensione spirituale cioè quella verticale.
Worringer, identificò quindi un’interpretazione astraente determinando un significato:
“È la realtà a produrre effetti. L’imitazione della realtà corrisponde dunque a un’arte che genera empatia: quindi empatia è il segno connotativo contrario ad astrazione. Se è l’imitazione, l’arte realistica, a determinare l’empatia, l’imitazione va respinta“.
E ancora:
“Se l’arte di imitazione è sempre derivata e non originale, e si colloca in un momento ulteriore della storia della civiltà, il momento primario, nativo, dell’Arte è sempre quello geometrico è sempre l’astrazione”.
Sulla base di queste affermazioni Kandinsky e altri grandi personaggi del Novecento artistico promossero una visione personale astratta di questa linea di pensiero. Tra questi Klee ebbe un universo completamente a parte, una visione unitaria del mondo naturale e dell’uomo come elementi di un grande complesso cosmico.
Una vita in divenire
Artista fanciullo, acuto disegnatore satirico e spirituale, prestato al disegno e alla pittura. Paul Klee è questo e tanto altro. Parlare della sua opera pittorica è come addentrarsi nei territori oscuri della creazione, perché alcune opere sono senza titolo, mentre altre sembrano indecifrabili. Contrariamente è chiaro sin dalla nascita che il destino di questo personaggio è una maturazione artistica e intellettuale inarrestabile.
Nasce il 18 dicembre 1879 a Münchenbuchsee, nei pressi di Berna, in una famiglia di musicisti. A soli 7 anni Paul Klee viene avviato allo studio del violino e diventa membro di un’orchestra, infatti, la musica, lo accompagnerà per tutta la vita. La sua è un’infanzia indolente, passata a riempire taccuini e disegni come anche un diario, che prosegue fino al 1918 e che diventerà celeberrimo. Stiamo parlando de: La costruzione del mistero (1920), un libro grazie al quale possiamo comprendere la vera essenza di ciò che attraversa i suoi dipinti:
“Tutta l’arte è un ricordo all’origine, è nell’oscurità, i suoi frammenti vivono sempre nell’artista”.
Tuttavia, il suo essere visionario gli causa anche amare delusioni come accade nel 1907, quando la giuria della secessione primaverile di Monaco rifiuta le sue opere. Per reazione Klee organizza una serie di mostre personali con tele realizzate tra il 1907 e il 1910.
Il mistero della creazione
Questa serie di esibizioni gli valgono la stima di molte personalità di spicco nell’arte infatti è ammesso nella cerchia del Der Blaue Reiter. Mentre il 27 novembre 1913 si costituisce la nuova secessione di Monaco di cui l’artista è uno dei membri fondatori. Da questo momento le sue opere si colorano dei luoghi magici che visita. Tra questi l’Italia e anche terre esotiche come l’Africa. Nell’opera di Klee, infatti, si trovano rimandi iconografici a quelle civiltà antiche, nel tentativo di instaurare un “dialogo a distanza”. Soprattutto è interessato al segreto della genesi, infatti, quando nel 1930 insegna al Bauhaus il suo corso si intitolerà significativamente “Teoria della formazione della figurazione“. Per lui esistono altri mondi possibili oltre a quello visibile. E dunque da questi che bisogna indagare per cercare l’origine della creazione.
Stimoli del mondo
La prima chiave di accesso che Klee scopre è la musica che diventa per lui stimolo intellettuale, ne è un esempio l’opera Polifonia del 1932. Ed infine la natura e l’incanto del mondo acquatico come nel quadro La magia dei pesci (1925) . Fa uso di segni criptici: rune, simboli paleocristiani come la colomba o la croce, con riferimento a oggetti precisi. Si rifà a tessuti copti, tappeti islamici, sarcofagi paleocristiani, che nella sua pittura appaiono come geroglifici. Questo artista crea un linguaggio artistico irripetibile prodotto da tutte le sue esperienze che influenzerà il corso dell’arte del XX secolo e personalità come Picasso; la sua unicità è nella forza del colore che interagendo con i segni trasforma la realtà. Ma soprattutto ci fa capire il vero tema dell’artista cioè il sogno incantato di un tempo mistico perduto.
Klee, rinunciò ad esprimere questa intuizione in slanci romantici e creò un suo personale linguaggio che era capace di esprimere la totalità cosmica in una ricerca poetica dimensionale molto più ampia e simbolica.
“L’oggetto della pittura è il mondo, anche se non questo mondo visibile“. – Klee- 1917.
Klee si circonda di un universo incantato, un regno introspettivo minerale vegetale; un regno animale creato solo da spazi celesti e stellari che si incontrano creando “uno Cosmo formale che mostra tali somiglianze con la creazione, che passa un soffio per attuare l’espressione del religioso, la religione…”
Prime opere astratte
Ad esempio in alcune raffigurazioni come “Villa R”vi è un’intersezione di una lettera dell’alfabeto che basta a Klee per spingere nella lontananza della leggenda, il suo paesaggio poetico e fiabesco; oppure osservando “Pesce dorato -1925” in un paesaggio marino e mirabilmente ricreato nella sua totalità, tutto appare descritto in maniera minuziosa: dalle squame del pesce alle onde increspate che creano ritmicamente la forma delle erbe e della vegetazione. Simile a quelle che si trovano ovviamente nei prati o negli stagni. Per Klee il dipinto non è pura imitazione del reale, è per il suo profondo interesse, la forma e la struttura essenziale del visibile.Una metafora e un’immagine allegorica della creazione. A farla breve, si tratta di elementi osservati nalla realtà ma rappresentati in maniera simbolica come se fossero stati eseguiti da un bambino. O, più semplicemente, un’immagine fantastica non reale ma riconoscibile in una metafora immaginaria e allegorica.
Ad esempio in “Via principale e vie secondarie” del 1929, Klee evidenzia una grande arteria che va pian piano assottigliandosi secondo un criterio prospettico che si snoda al centro del quadro. Ai lati vi sono delle strisce e dei campi altrettanto sottili disegnati in maniera molto minuziosa e fitta, in cui ogni centimetro è lavorato come se fosse una grande striscia in lontananza e volesse ricostruire un preciso quadro topografico.
Trasposizione dell’anima – L’influenza dei viaggi
L’immagine (*) da l’idea di essere vista dall’alto in una vasta pianura resa fertile da un fiume. Ciononostante, per comprendere questo quadro bisogna comunque fare riferimento ad un’esperienza vissuta da Klee nel 1928. Tanto è vero che in quell’anno il pittore – in occasione del suo cinquantesimo compleanno – fa un viaggio in Egitto visitando Alessandria, Luxor, Il Cairo, Tebe e Assuan e proprio durante questo itinerario assimila altri determinati concetti che esprimerà una volta tornato in patria. In questo quadro – la cui esperienza viene riportata fedelmente e descritta anche nel suo diario, nel periodo di sosta a Siracusa – annotò il senso storico unito alla natura. Klee, dunque, validò il dipinto, astraendo colori tenui alternati a colori caldi e freddi, in una serie di strisce orizzontali parallele di dimensioni omogenee interrotte da altre linee verticali; quindi dall’intersezione ad andamento vario e dall’incrocio di queste linee, verranno fuori dei tasselli in cui lo stesso artista inserirà le sue colorazioni personali legate ai suoi ricordi di viaggio, principalmente in Tunisia. Possiamo notare chiaramente la striscia principale orizzontale, che rappresenta il Nilo e – appunto – metaforicamente i suoi ricordi affidati a queste forme di colore.
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Quando tornò in Germania dipinse una serie di quadri che proponevano a seconda della sua impressione visiva una forma pittorica delle proprie esplorazioni e della propria esperienza. Una trasposizione su tela di quelli che erano stati i suoi sentimenti e l’assorbimento di questa cultura millenaria. Il dipinto, insomma, riproduce un’immagine sintetica di quello che è il suo grande ricordo delle piane d’Egitto. Dall’azzurro, che come detto ricordava il Nilo e le sue propaggini, fino a delle strisce di colore verde azzurre rosa tenue, Verdi, violetti e varie sfumature di arancione ocra, che raffiguravano esattamente la terra, la primavera e la fertilità, che si fissano in termini pittorici nell’essenza stessa del KAcioè lo spirito millenario della terra egiziana.
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Secondo alcuni ricercatori l’immagine restituisce una sorta di spartito musicale che riaffiora poi nella mente creatrice del pittore – nella forma più pura e più astratta; in altre parole ci da la totalità di quel paesaggio in un’immagine tipica ed essenziale. Tant’è che lo stesso Klee nel 1914 scriveva: “io sono astratto con qualche ricordo”; lui non fa distinzione fra le opere figurative e quelle astratte, crea immagini figurative dandogli un significato simbolico e non imitativo. Precisamente, le sue opere nascono in un mondo spontaneo e profondo che è la trasposizione del ricordo della realtà. Come se volesse svelare l’anima strutturale di un aspetto invisibile.
A farla breve Klee ricrea dunque l’immagine senza tempo dell’Egitto millenario corredandola e facendo prevalere un profondo sentimento poetico. Negli ultimi anni di vita si dedicherà ad una nuova grafia composta di segni molto più marcati, profondi, definiti “a sbarra” che si allontanano sempre di più da quella che è la realtà visibile; rendendo in maniera più esplicita quello che è il valore simbolico delle sue immagini. Tra queste opere, prima fra tutte, va ricordata “Flora sulla roccia” del 1940.
Opere ultime
Il quadro evidenzia delle linee molto pesanti molto marcate rivolte alla crescita della natura, quindi: ai frutti, alle piante, ai fiori, evidenziate con grossi segni a sbarra molto scuri che vanno dal viola al viola rosso, all’arancio, con qualche tocco di giallo. Uno schema grafico che esprime un processo vitale per gli elementi della natura che si riducono ai minimi termini, alle immagini archetipiche che sembrano affiorare spontaneamente dall’inconscio del pittore. Ancora una volta Klee evidenzia un processo creativo di trasposizione di una metafora e, questi segni a sbarra, che compaiono frequentemente nelle ultime opere.
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Ad esempio: anche in “Prigioniero” del 1940, è evidenziato soprattutto lo stato interiore dell’artista che in una pesantezza quasi tragica, senza più nulla di poetico da esprimere – da un significato di quella che è l’attuale esperienza dell’artista; non solo la pesante tragicità di quella che è la realtà che sta vivendo – una malattia – ma anche l’imminente e dolorosa morte alla quale pensa spesso.
Di fatti, ancor più evidente in quest’ultimo quadro – dove persistono linee intersecate fra di loro con pesanti segni neri e marroni, su una nuda tela di sacco – denotano il simbolo tragico della morte nella tristezza della figura umana, che si esprime quasi in una sorta di geroglifico con varie linee incrociate fra loro; quasi ad evidenziare una grossa grata, una prigione appunto, e quindi il pensiero angosciato dell’artista che trova corrispondenza in quello che è l’allontanamento dalla realtà del visibile per rendere più esplicito quello che è il valore simbolico delle sue immagini. Il quadro autobiografico, evidenzia come lui non riesca più ad uscire dalla sua condizione – è imprigionato – e sia le sbarre (prigionia) che il serpente in basso a sinistra (malattia) determineranno nella sua psiche, la fine. Difatti, sfortunatamente, nel 1935/36, gli fu diagnosticata sclerodermia progressiva. Ernst Paul Klee, morirà nel 1940 a Muralto.