Si conclude a distanza di nove anni il processo sul caso di Giuseppe Canale avvenuto nel 2011 a Gallico, Reggio Calabria. Sette gli indagati, in primo grado condannati all’ergastolo, che dovranno scontare una pena ridotta in Appello a 30 anni di carcere. Si tratta del killer Cristian Loielo e Salvatore Callea, Domenico Marcianò, Giuseppe Germanò, Sergio Iannò, Filippo Giordano. E infine Antonio Crupi, genero del boss Mimmo Chirico ucciso nel 2010 in un agguato vendicato dalle cosche di Gallico proprio con l’omicidio Canale. Ricostruiamo insieme questa terribile storia di cronaca nera che ci parla di un uomo ucciso per vendetta dai suoi amici del clan.
Mandanti ed esecutori dell’omicidio Canale
Il 12 agosto 2011, ore 15, i Carabinieri di Reggio Calabria scoprono riverso sull’asfalto Giuseppe Canale vittima di un’imboscata. Dagli elementi raccolti si scopre subito che la sparatoria è cominciata prima in piazza Calvario per concludersi tragicamente in via Anita Garibaldi. A far fuoco sono Loielo e Nicola Figliuzzi, oggi collaboratore di giustizia, assoldati da Callea. Pagati con Seicento euro subito con la promessa di avere il resto a rate per un totale di 10mila euro. Infatti stando all’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e dal sostituto della Dda Sara Amerio, è questa la tariffa stabilita dai mandanti dell’omicidio Canale. Ossia Giordano, Marcianò e Iannò, appartenenti alla cosca Condello-Chirico, che ritengono la vittima responsabile dell’agguato al boss Mimmo Chirico.
Condannati anche i pentiti
In questa storia decisivi sono i collaboratori di giustizia Vasvi Baluli, Arben Ibrahimi e soprattutto Daniele Bono, che indica dove trovare l’arma del delitto. Un revolver calibro 38 che, in virtù degli accertamenti esperiti dalla sezione balistica del Ris di Messina, è risultato essere quello utilizzato nell’omicidio. Infine per la corte di Appello sono giudicati colpevoli anche Diego Zappia e Figliuzzo che tuttavia usufruiranno dei benefici previsti per i pentiti. Dovranno scontare una pena rispettivamente, a 10 anni il primo e 10 anni e 8 mesi di reclusione il secondo.