BRUXELLES – L’Europa, non c’è che dire, ci sta dando ultimamente non pochi grattacapi dal punto di vista enogastronomico. Tralasciando le polemiche sul Nutriscore o sulla carne sintetica, senza contare ciò che sta succedendo dopo l’autorizzazione all’Irlanda sull’imposizione di etichette che mettano in guardia contro i possibili danni di vino e birra alla salute, sta tenendo banco già da tempo il discorso legato al novel food. Di che si tratta? Presto detto: con questa espressione si fa riferimento ad alimenti o ingredienti “nuovi” rispetto a quelli tradizionalmente intesi.
Fin qui, apparentemente, nulla di strano, se non fosse che all’interno di questa galassia può rientrare anche del cibo non convenzionale – o quantomeno non tradizionale – rispetto ai nostri costumi occidentali. Nella fattispecie, infatti, parliamo di insetti. Una consuetudine in Paesi come ad esempio la Cina, ma qualcosa di culturalmente inconcepibile in una realtà come quella italiana (e non solo da noi). Tradotto, ci riferiamo alla possibilità di avere in tavola grilli, formiche, vermi, scorpioni e ragni.
Novel food: sì o no?
Tra i politici nostrani che più si stanno scagliando contro questa ipotesi c’è Matteo Salvini, che ogni tanto interviene sui social con post al veleno sull’argomento. In particolare, il leader della Lega sta dicendo a più riprese “no grazie” alla paventata polvere di grillo. Relativamente, invece, agli chef italiani, chi si è pubblicamente esposto già anni fa contro quello che in molti considerano un abominio è Donato Carra, che nel 2017 ha dichiarato: “Evidentemente qualcuno è complice di questa Europa e di queste scelte che non sanno che cos’è l’agricoltura italiana e poi si lamentano del glifosate nella pasta, quanta ipocrisia e ignoranza”.
Dal 1° gennaio 2018 è entrato in vigore il nuovo regolamento Ue sui “novel food” che riconosce gli insetti sia come nuovi alimenti che come prodotti tradizionali dei Paesi Terzi, aprendo così la loro produzione e vendita anche in Italia. Erano stati addirittura immaginati piatti che coniugavano la tradizione della cucina italiana con i nuovi ingredienti, dalle cimici d’acqua della Thailandia ai millepiedi cinesi, alla pasta all’uovo condita con i grilli. Ma non finisce qui. Sulle tavole degli italiani potranno arrivare anche alghe e nanomateriali, cibi costruiti in laboratorio e nuovi coloranti.
Un problema da affrontare
“Allora mi chiedo – commenta Carra – se un grillo nel piatto magari sarà riconoscibile, forse lo sarà meno un alimento che si chiamerà E-202 e sarà nella lista degli ingredienti del gelato o della mortadella scritto con carattere 2, che non si legge nemmeno con la lente di ingrandimento, ma il bel piatto di spaghetti alla carbonara che fine farà?”. Certamente c’è ancora tanto da capire – e da approfondire – su una tematica così scottante ma che a nostro parere non deve nemmeno essere sottovalutata.
Ripetiamo: ci sono nazioni dove è consuetudine consumare, ad esempio, bachi arrosto, e d’altronde l’utilizzo di cibi a base di insetti è più che altro legato a un discorso di ribrezzo dovuto a una “non abitudine mentale“, se intendiamo gli stessi insetti come esseri viventi, e quindi al pari degli animali o dei pesci. In altre parole: se mangiamo gli uni, perché dovrebbe farci schifo mangiare anche gli altri, posto che comunque ognuno resta libero di scegliere ciò che preferisce? Al tempo stesso, però, è ovvio che in Italia ci sia una precisa tradizione alimentare che va avanti da secoli, e che certamente non prevede gli insetti nel nostro sostentamento. Il risultato è che la difficile convivenza con ciò che vorrebbe imporci l’Europa trova ancora una volta un elemento di ostacolo. Per il resto, chi vivrà vedrà.
Foto di Primal Future da Pixabay