La laguna veneziana offre tante mete turistiche, tra queste ne esiste una piuttosto particolare. Si tratta del Museo del Manicomio sull’isola di San Servolo, aperto nel 2006 in quello che un tempo fu un monastero convertito poi in ospedale. Cosa ci rivela? La follia reclusa, un percorso lungo più di due secoli, raccontato attraverso testimonianze e reperti. Una storia che comincia l’8 ottobre 1716, quando la Repubblica di Venezia decide di spostare il suo ospedale militare, la scelta ricade su San Servolo. Comincia così la vicenda ospedaliera dell’isola con l’istituzione dell’Ospedale Militare e Manicomio Centrale.
Le origini del Museo del Manicomio
Istituito dal Senato veneto la struttura è affidata ai Padri di San Giovanni di Dio, detti Fatebenefratelli. Inizialmente avrebbe dovuto ospitare solo militari infermi, tuttavia è utilizzata anche per accogliere alcuni malati di mente di estrazione sociale patrizia. Il primo ricovero infatti fu quello di Lorenzo Stefani, il 26 ottobre 1725, avviando la storia manicomiale dell’ospedale. Nei successivi trenta anni la degenza di pazzi procede a rilento, finché nel 1797 la Repubblica di Venezia cade per mano delle truppe napoleoniche. Da questo momento San Servolo diventa manicomio vero e proprio. Un decreto del Governo democratico stabilisce che l’isola deve essere casa dei pazzi di tutte le province venete. Così sarà fino al 13 agosto 1978, data in cui l’ospedale psichiatrico è chiuso in osservanza alla Legge Basaglia numero 180. Oggi questa storia, durata 262 anni, ce la racconta il Museo del Manicomio.
Le sale del museo
Scopo principale del museo è quello di evidenziare particolarmente la dimensione emarginante e segregante dell’istituzione manicomiale. Perciò è stato creato un percorso espositivo dove ci sono strumenti di contenzione, ad esempio manette, blocca caviglie. Attrezzatura clinica come docce per l’idroterapia, strumenti per elettroshock e un pianoforte per la musicoterapia. Inoltre dei pannelli spiegano i trattamenti riservati ai malati di mente, corredati da documenti, con foto di prima e dopo il ricovero. Tra le varie testimonianze troviamo i manufatti dei pazienti, dipinti e oggetti. Abbiamo anche la ricostruzione della sala anatomica contenente una raccolta di 11 crani e 12 cervelli, tutti patologici. Ad arricchire questo museo c’è l’antica farmacia settecentesca, con una enorme collezione di vasi farmaceutici, e la biblioteca con un ricco patrimonio librario. In conclusione questo itinerario offre probabilmente la possibilità di conoscere una realtà che spesso è tenuta in ombra.