Metabolismo e depressione che ruolo hanno nelle loro funzionalità? è credibile che i metaboliti possano essere indicatori fondamentali per fare previsioni inerenti le persone a rischio di disturbo depressivo maggiore ricorrente?
La risposta, che arriva direttamente dalla University of California San Diego School of Medicine, è affermativa.
Secondo l’équipe, infatti, alcuni metaboliti – piccole molecole prodotte dal processo di metabolismo – possono essere indicatori predittivi per le persone maggiormente esposte.
La notizia, pubblicata sulla rivista Translational Psychiatry, in data 11 gennaio 2021, evidenzia tutti i risultati ottenuti; ma non solo. Il primo ricercatore – autore del documento – Robert K. Naviaux, MD, PhD, professore di medicina, pediatria e patologia alla UC San Diego School of Medicine, avrebbe dichiarato:
“Questa è la prova di un nesso mitocondriale al cuore della depressione. È un piccolo studio, ma è il primo a mostrare il potenziale di utilizzare i marcatori metabolici come indicatori clinici predittivi dei pazienti a maggior rischio – e più basso rischio – per attacchi ricorrenti di sintomi depressivi maggiori”.
Il disturbo depressivo maggiore ricorrente (in termini profani, depressione clinica) è un disturbo dell’umore. Si caratterizza da più sintomi in combinazione; come sentimenti di tristezza o disperazione, rabbia o frustrazione. Ed ancora perdita di interesse, disturbi del sonno; ansia, pensiero rallentato o difficoltà di pensiero, pensieri suicidi e problemi fisici inspiegabili, come mal di schiena o mal di testa.
Il disturbo depressivo maggiore (MDD) è tra le malattie mentali più comuni negli Stati Uniti, con una prevalenza stimata del 20,6% nel corso della vita, il che significa che un americano su cinque soffrirà di almeno un episodio durante la sua vita. Per i pazienti che hanno MDD-ricorrente (rMDD), il rischio di recidiva a cinque anni è fino all’80%.
Metabolismo e depressione: i dati e le procedure di ricerca
Lo studio del ricercatore Robert K. Naviaux, è stato condotto in collaborazione con degli scienziati Olandesi, che hanno reclutato 68 soggetti (45 femmine, 23 maschi) con rMDD, che erano in remissione senza antidepressivi; e 59 controlli abbinati per età e sesso. A seguito della raccolta di sangue dei pazienti che erano in remissione, gli stessi sono poi seguiti prospetticamente per due anni e mezzo.
I risultati hanno mostrato che una firma metabolica, trovata quando i pazienti stavano bene, poteva prevedere quali pazienti avevano maggiori probabilità di ricadere fino a due anni e mezzo in futuro. L’accuratezza di questa previsione era più del 90%. L’analisi delle sostanze chimiche più predittive, ha scoperto che appartengono a certi tipi di lipidi (grassi che includevano eicosanoidi e sfingolipidi) e purine.
Le alterazioni delle attività cellulari
Le purine sono costituite da molecole come l’ATP e l’ADP, le principali sostanze chimiche utilizzate per lo stoccaggio di energia nelle cellule, ma che svolgono anche un ruolo nelle comunicazioni utilizzate dalle cellule sotto stress, note come segnalazione purinergica.
I ricercatori hanno scoperto che nei soggetti con rMDD, i cambiamenti in metaboliti specifici in sei percorsi metabolici identificati, hanno portato ad alterazioni fondamentali di importanti attività cellulari.
“I risultati hanno rivelato una firma biochimica sottostante nel rMDD rimesso che distingue i pazienti diagnosticati dai controlli sani”, ha detto Naviaux.
“Queste differenze non sono visibili attraverso la valutazione clinica ordinaria; ma suggeriscono che l’uso della metabolomica – lo studio biologico dei metaboliti – potrebbe essere un nuovo strumento per prevedere quali pazienti sono più vulnerabili a una recidiva dei sintomi depressivi”.
Gli autori hanno osservato che i loro risultati iniziali, richiedono la convalida in uno studio più grande; che comprenda almeno 198 femmine e 198 maschi (99 casi e 99 controlli ciascuno).