Dopo cinque anni arriva il verdetto su uno dei casi di cronaca più strazianti degli ultimi tempi, ossia l’omicidio di Marco Vannini. I giudici della seconda sezione della Corte d’Assise di Appello di Roma condannano Antonio Ciontoli a 14 anni per assassinio volontario con dolo eventuale. Mentre agli altri componenti della famiglia, moglie e figli, è riconosciuto l’omicidio intenzionale anomalo e sconteranno una pena di 9 anni e 4 mesi. Si conclude così una triste vicenda cominciata a Ladispoli il 17 maggio 2015, in una villetta in via Alcide De Gasperi.
La tragica notte della morte di Marco Vannini
Sono le 23.00 di sera quando una pallottola esplosa da una delle pistole d’ordinanza di Antonio Ciontoli raggiunge mortalmente Marco Vannini. Su come è partito questo colpo sono fornite due versioni, nella prima Antonio mostra delle pistole a Marco che è in bagno sotto la doccia. Una delle armi cade accidentalmente facendo partire un proiettile. Nella seconda versione, Ciontoli sostiene che scherzando e puntando la pistola contro il ragazzo, per sbaglio parte un colpo. Al dramma sono presenti anche i figli, Federico e Martina, anche se diranno che al momento del fatto si trovavano nelle loro stanze. In verità le notevoli quantità di polvere da sparo trovate sopra i loro vestiti li collocano sulla scena del crimine. Il dramma reale comincia dopo lo sparo, Marco urla di dolore perché il proiettile ha passato un polmone ed è arrivato fino al cuore.
Una fatale omissione di soccorso
A confermare il boato e i lamenti sono i vicini di casa dei Ciontoli che dichiarano di aver sentito urlare Marco. A distanza di un’ora vengono chiamati i soccorsi in cui il padre di famiglia parla di una ferita procurata da un pettine a punta. Nella telefonata Antonio non racconta di uno sparo bensì di una attacco di panico e arriva un’ambulanza non attrezzata per le urgenze. Nel frattempo il ragazzo è delirante e purtroppo una volta trasportato in ospedale i soccorsi sono inutili. Perché l’emorragia interna ha allagato il torace di Marco, che muore appena dopo il suo arrivo in clinica. Pochi istanti prima Antonio Ciontoli ferma il medico per ammettere, alla fine, che c’è un proiettile dentro il corpo di Marco. In conclusione ad uccidere il ragazzo non è stato il colpo sparato da Ciontoli ma il ritardo dei soccorsi.
Le considerazioni dei giudici
Infatti secondo la Corte di Assise di Roma se i soccorsi erano chiamati senza dire menzogne, avrebbero potuto evitare la morte del giovane. A mettere un punto a tutta questa storia ci sono le parole del procuratore generale Vincenzo Saveriano:
“Un secondo dopo lo sparo è scattata la condotta illecita. Tutti i soggetti sono rimasti inerti, non hanno alzato un dito per aiutare Marco. Un pieno concorso, una piena consapevolezza di quello che voleva fare Antonio Ciontoli e cioè di non far sapere dello sparo. Tra la vita del ragazzo e il posto di lavoro del capofamiglia, hanno scelto la seconda cosa”.
Per Marina Conte e Valerio Vannini Marco ha conquistato il rispetto che gli è stato negato, quando ha chiesto aiuto e nessuno lo ha ascoltato.