Accadeva negli anni Novanta, nella provincia di Foligno, due omicidi terrorizzano l’intera comunità, è un incubo che ha un nome: Luigi Chiatti. Forse non possiamo definirlo un serial killer ma la sua vicenda è ancora ben impressa nell’immaginario collettivo italiano. Perché quando le vittime di un assassinio sono bambini i contorni diventano sempre più torbidi e si fa più fatica a dimenticare. Tuttavia per comprendere la sua storia probabilmente bisogna fare un passo indietro e tornare alla fine degli anni Sessanta quando tutto ha inizio.
L’infanzia tormentata di Luigi Chiatti
Il suo nome alla nascita è Antonio Rossi, figlio di una giovane cameriera, Marisa Rossi che lo partorisce il 27 Febbraio 1968. Il giorno stesso la madre lo lascia nell’orfanotrofio di Narni, perché è priva dei mezzi necessari per mantenerlo. Nei suoi primi anni di vita è abusato sessualmente da un parroco per sei anni finché si presenta la prospettiva di adozione. Infatti, nel Marzo del 1974 i coniugi Ermanno, un medico, e Giacoma, ex insegnante elementare, lo adottano regalandogli una nuova identità e diventa Luigi Chiatti. Crescendo aumenta la sua paranoia, è chiuso in se stesso ed è profondamente infantile. Si diploma come Geometra nel 1987 e, nel 1989, parte per il servizio militare, periodo in cui sperimenta dei rapporti omosessuali. Tuttavia, questo non è quello che cerca perché le sue fantasie sono più oscure e riguardano i bambini.
L’ossessione si trasforma in omicidio
Oltre a desiderare di avere rapporti sessuali con loro, vuole averli a disposizione, crescerli, e non gliene basta uno, ne vuole due. Questo pensiero malato negli anni prende sempre più forma tanto che Luigi comincia a fare scorta di abiti per bambini. Compila una lista minuziosa dei viveri, soprattutto dolciumi, e li accumula nella mansarda di casa sua, il luogo dove attuare il suo piano. L’occasione non tarda ad arrivare ed il 4 ottobre del 1992, nella zona di Maceratola si consuma il primo atto: una vicenda criminale incancellabile! La vittima è Simone Allegretti, un bambino di quattro anni che sparisce nel nulla. Dov’è andato Simone? Dopo giorni di ricerca e, scartata l’ipotesi del rapimento per estorsione, l’ipotesi che rimane nelle mani degli inquirenti è quella della violenza di qualche pedofilo. A questo punto, un’agente immobiliare di nome Stefano Spilotros, si dichiara colpevole.
Le lettere del Mostro di Foligno
Ciononostante, gli accertamenti sull’uomo portano ad un clamoroso buco nell’acqua perché Spilotros si rivelerà un mitomane. La tensione sale quando trovano un messaggio anonimo in una cabina telefonica, scritto con un normografo. È il vero maniaco che indica il luogo preciso in cui ha lasciato il cadavere del bimbo. Il piccolo, rinvenuto nudo, è stato strozzato, oltre a presentare una ferita da taglio sul collo e molteplici contusioni. Qualche giorno dopo, ritrovano un altro messaggio, nella stessa cabina del primo e sembra quasi una richiesta di soccorso:
“Aiuto! Non riesco a fermarmi! Perché ho detto che dovete sbrigarvi? Perché ho deciso di colpire di nuovo la prossima settimana. Volete saperne di più? Vi ho già detto troppo, ora tocca a voi evitare che succeda”.
Ormai è il panico nell’intera provincia umbra, le indagini sono ad un punto morto finché nell’Agosto del 1993 scompare Lorenzo Paolucci, di 13 anni.
L’arresto e la condanna
Il nonno della vittima ritrova il cadavere del nipote sul ciglio di una strada, assassinato con un colpo di forchettone al collo. Questa volta il mostro ha commesso un passo falso perché i segni di trascinamento e le tracce di sangue fresco conducono direttamente alla sua abitazione. Esattamente quella di Luigi Chiatti.
Fatta irruzione in casa, la polizia si trova davanti a prove evidenti. Sul pavimento, lavato frettolosamente, si notano tracce ematiche, così come sui muri, su di un davanzale e sul prato di fronte alla casa. Chiatti viene arrestato e, interrogato dal magistrato, confessa di essere l’assassino di Simone e Lorenzo. La Corte d’Assise d’Appello di Perugia lo condanna a trent’anni di prigione, con l’attenuante della seminfermità mentale. Scontata la pena nel carcere di Prato, il 3 settembre 2015, verrà disposto il suo internamento per almeno altri 3 anni in una Rems (residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza). Successivamente, sia nel 2018 e poi nel 2020, la permanenza è stata prorogata in entrambe le valutazioni del Tribunale di Cagliari, per altri due anni.
Voci non fondate sostenevano che l’uomo sarebbe uscito nel 2023 e soltanto dopo una attenta verifica psicologica che ne attestasse la non pericolosità sociale. Tuttavia ad oggi tutto tace.