Una scoperta recente, ha messo sotto i riflettori un lembo di tela lacerata, appartenente a una mummia di 2.300 anni fa. Il tessuto evidenzia una serie di geroglifici appartenenti all’antico Libro dei Morti egizio. Il ritrovamento ha permesso a un team di studiosi di digitalizzare il pezzo di tela e confrontarlo con un grande database reperibile online dal quale è stato possibile trovare quello che, al 90% è il suo pezzo mancante da tempo perduto.
I due frammenti di lino sono stati riuniti dopo che un segmento dell’immagine digitale è stato catalogato sul database dal Teece Museum of Classical Antiquities dell’Università di Canterbury in Nuova Zelanda. Gli storici del Getty Research Institute di Los Angeles che hanno visto l’immagine si sono subito resi conto che l’istituto aveva un frammento di sindone che, come un puzzle, si incastrava con il segmento neozelandese.
“C’è un piccolo divario tra i due frammenti; tuttavia, la scena ha senso, il testo e le parole hanno un senso“; ha detto in un comunicato Alison Griffith, esperta di arte egizia e professoressa associata di lettere classiche all’Università di Canterbury. “È semplicemente sorprendente mettere insieme i frammenti a distanza”.
Entrambi i frammenti sono ricoperti di scrittura ieratica, o corsiva, e di geroglifici che rappresentano scene e incantesimi del Libro dei Morti, un antico manoscritto egiziano che si pensava guidasse il defunto nell’aldilà.
“La credenza egizia era che il defunto avesse bisogno di oggetti terreni nel suo viaggio verso e nell’aldilà, quindi l’arte nelle piramidi e nelle tombe non è arte in quanto tale; si tratta in realtà di scene di offerte, forniture, servitori e altre cose di cui si ha bisogno nell’aldilà”. Afferma Griffith.
Libro dei Morti Egizio il perché dei testi dei sarcofagi
Le versioni del Libro dei Morti variavano da tomba a tomba, ma una delle immagini più famose del libro è la valutazione del cuore del defunto contro una piuma, secondo l’American Research Center in Egypt (ARCE). La tradizione di includere il “Libro dei Morti” nelle sepolture iniziò con iscrizioni, conosciute come i Testi delle Piramidi, scritte direttamente sulle pareti delle tombe durante il tardo Regno Antico e fu inizialmente offerto solo ai reali sepolti a Saqqara. Il primo testo piramidale conosciuto fu trovato nella tomba di Unas (che visse dal 2465 a.C. al 2325 a.C. circa), l’ultimo re della quinta dinastia. (Enciclopedia Britannica).
Tuttavia, quando le credenze e le pratiche religiose cambiarono, gli egiziani cominciarono a includere versioni adattate, conosciute come “i Testi dei Sarcofagi” (o della bara), che erano scritti – appunto – sulle bare di persone non reali; comprese le élite ricche. (ARCE). Al tempo del Nuovo Regno (intorno al 1539 a.C.), si pensava che l’aldilà fosse accessibile a tutti coloro che potevano permettersi il proprio Libro dei Morti; ed era scritto su papiri e lini che venivano avvolti intorno ai corpi mummificati dicono le fonti. Tuttavia, scrivere su questi involucri di mummia, non era un’impresa facile.
“È difficile scrivere sul materiale; hai bisogno di una penna d’oca e di una mano ferma, e questa persona ha fatto un lavoro incredibile“; rileva Griffith in merito al frammento di lino a Canterbury.
Le Illustrazioni
Le sue illustrazioni mostrano scene di preparazione all’aldilà. Macellai che tagliano un bue per un’offerta; uomini che spostano mobili per l’aldilà. Quattro messaggeri con nomi identificativi; tra cui un falco, un ibis e uno sciacallo. Che rappresentano soprattutto le divisioni territoriali in Egitto.
E poi ancora una barca funeraria con le dee sorelle Iside e Nefti su entrambi i lati; e un uomo che tira una slitta con l’immagine di Anubi, il dio dei morti dalla testa di sciacallo. Alcune di queste scene sono presenti anche nella famosa versione del “Libro dei Morti” sul Papiro di Torino, attualmente conservato nel Museo Egizio di Torino, Italia.
Il frammento di lino di Canterbury è lungo, soprattutto una volta che è stato (digitalmente) unito con il frammento dal Getty Research Institute, ma si legge come questo era solo uno dei tanti che sono stati utilizzati per avvolgere il corpo di un uomo mummificato.
La storia dell’acquisizione degli artefatti è ora sottoposta a un esame più approfondito rispetto agli anni precedenti; con un maggiore interesse su come i pezzi sono stati raccolti, venduti e spostati in tutto il mondo. Infatti, rintracciare artefatti separati che erano precedentemente uniti è ora un settore secondario degli studi museali.
La provenienza del frammento all’Università di Canterbury entrò dapprima nelle mani di Charles Augustus Murray, console generale britannico in Egitto dal 1846 al 1853. Più tardi divenne parte della collezione di Sir Thomas Phillips, un alto funzionario britannico. Infine, è acquistato per conto dell’università in una vendita di Sotheby’s a Londra nel 1972. Ciononostante, come i frammenti di Canterbury e Getty siano stati separati, resta un mistero.
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