Fra le moltitudini di narrazioni che costellano il meraviglioso universo della mitologia greca, quello delle Danaidi occupa una posizione molto importante perché, non solo la vicenda in sé è avvincente, ma anche perché a questo mito, si fa risalire l’inizio della stirpe greca e, soprattutto perché mescola odio e amore, assassinio e vendetta, redenzione e punizione eterna!
Belo, (figlio di Poseidone e di Libia e re dell’Egitto), sposò Anchinoe, figlia del dio Nilo, da cui ebbe i gemelli Egitto e Danao. Alla sua morte, divise equamente l’eredità, lasciando l’Arabia ad Egitto e la Libia a Danao.
Ma Egitto, non contentandosi, invase una parte della Libia costringendo alla fuga Danao, che si riparò ad Argo. Molti anni dopo, i cinquanta figli di Egitto, cercando di riconciliarsi con lo zio, chiesero in moglie le sue cinquanta figlie: le Danaidi, (appunto).
Le Danaidi e l’Idra di Lerna
Ma Danao, non fidandosi delle loro intenzioni, (ed anche per vendicarsi del torto subito anni addietro), architettò un piano crudele quanto efferato!
Fece accettare, alle sue figlie, la proposta di matrimonio, ma le dotò ognuna di un pugnale col quale avrebbero dovuto uccidere i loro cugini la prima notte di nozze. E così fecero!
Quarantanove Danaidi , dopo aver reciso le teste dei loro mariti, le gettarono nel Lerna, la palude ove dimorava l’Idra dalle nove teste. Solo una di loro, Ipermestra, non lo fece, innamorandosi di Linceo, che divenne suo marito.
L’evoluzione della storia
Egitto restò impaurito e in seguito, divorato dal rimorso, rinunciò al trono e morì in solitudine. Ipermestra che non volle uccidere Linceo, fu dapprima imprigionata da suo padre, ma in seguito liberata così da vivere felice con Linceo, mentre Ermes e Atena purificarono le altre Danaidi dal delitto commesso.
Danao fece sposare le sue 49 figlie, ai vincitori dei giochi da lui indetti, e da queste unioni ebbe inizio la stirpe dei Danai, cioè dei Greci.
Tempo dopo, Linceo uccise comunque tutte le cognate e il loro padre, per vendicare la morte dei suoi fratelli. Se le quarantanove Danaidi furono assolte dal loro peccato dagli dei, lo stesso non fu per Linceo che non le perdonò mai, facendole scontrare con una sorte ben diversa:
Le gettò nel Tartaro – gli Inferi del mondo greco – dove sono condannate da Zeus ad attingere continuamente l’acqua con anfore senza fondo, per l’eternità.
Il mito presenta una piccola variante, secondo la quale a dover essere riempita è invece una gran botte dal fondo bucato; così che quanta acqua veniva versata, tanta ne fuoriusciva.
Come per tutti gli altri miti greci, anche da quello delle Danaidi possono essere tratti degli insegnamenti morali; così come degli ammonimenti contro la sete di potere e di conquista che possono condurre al pentimento e al rimorso (Egitto), contro la vendetta e l’odio specialmente all’interno della famiglia (Danao e Linceo) ed anche contro il servilismo dei figli verso i padri (le Danaidi). Questa triste vicenda, (su cui si affaccia un pallido lieto fine), è ancora attuale dato che il modo di dire “la botte delle Danaidi” è usato per indicare le amministrazioni o le famiglie “sprecone” che non riescono a mettere niente da parte perché quanto più riscuotono, tanto più spendono.
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Le Danaidi sono splendidamente interpretate in due quadri pressoché identici del pittore inglese tardo preraffaellita John William Waterhouse (1849-1917). (immagine sopra).
Le espressioni avvilite e malinconiche, la forte somiglianza tra le fanciulle e l’andamento circolare del loro andirivieni, sottolineano la ciclicità dell’implacabile castigo; simboleggiato anche dal mascherone urlante sul fondo della botte e dal quale sgorga l’acqua, mentre lo strapiombo roccioso che s’intravede sullo sfondo rappresenta la loro eterna prigionia.
di Danilo Borri
L’Idra di Lerna: Fonte immagine in Evidenza