Dopo la Guerra di Secessione in America durante il processo di costituzione dell’identità civile si formano diverse correnti di pensiero. Tra queste c’è il Ku Klux Klan con cui si apre una delle vicende storiche americane forse più discusse. Comincia tutto la vigilia di Natale del 1865 a Pulaski, una cittadina del Tennessee al confine con l’Alabama, nel Sud degli Stati Uniti. A fondarlo è un gruppo di emigrati scozzesi appartenenti alla borghesia agraria, all’indomani dell’emancipazione dei neri dallo schiavismo. L’intento iniziale è quello di creare un club per difendere privilegi e supremazia dei bianchi. Tuttavia il Klan diventerà uno dei movimenti più potenti della storia americana imponendo il loro dominio fatto di intimidazioni e violenze.
Il Ku Klux Klan dal 1866 al 1871
Il battesimo ufficiale dell’organizzazione è nel 1867 a Nashville durante un convegno a cui partecipano i delegati degli ex stati confederati. Quando il generale e trafficante di schiavi Nathan Bedford Forrest assume il titolo di Gran Mago del Ku Klux Klan. Sotto di lui i Klansmen ossia una gerarchia discendente di grandi draghi, titani e ciclopi. Adottano anche un costume: una veste bianca e un cappello a punta conica per eseguire la repressione degli afroamericani. Il movimento diventa rapidamente un veicolo per la resistenza bianca meridionale e si estende in tutti gli stati del sud. Comprende sindaci, giudici e sceriffi oltre a criminali. Una forza talmente potente che riesce a ripristinare il dominio dei bianchi nella Carolina del Nord, Tennessee e Georgia. Tuttavia il generale Forrest ne ordina lo scioglimento nel 1869, soprattutto a causa dell’eccessiva violenza del gruppo.
L’evoluzione del Klan in Georgia
Ciononostante alcuni rami locali rimangono attivi finché il presidente degli Stati Uniti Ulysses S. Grant mette fine al movimento. Firmando tra il 1870 e il 1871 il Klan Act e poi l’Enforcement Act facendo diventare il Klan illegale. Dopo un lungo periodo di inattività il gruppo si riattiva nel 1915 vicino ad Atlanta, in Georgia, sotto la guida di William Joseph Simmons. Un predicatore ispirato dal libro di Thomas Dixon The Clansman (1905) che introduce la croce infuocata nell’iconografia dell’organizzazione. Come anche il pregiudizio contro cattolici romani, ebrei e stranieri. Negli Anni Venti il Ku Klux Klan vive il momento di massimo fulgore, giungendo ad avere tra tre e sei milioni di adepti. Ed anche i profitti sono incredibili e vengono dalla vendita di abbonamenti, costumi, pubblicazioni e rituali. Inoltre i gruppi si organizzano in marce con incendi notturni in tutto il Paese.
L’ultima fase in Alabama
A partire dagli Anni ’50 il nome Ku Klux Klan è riesumato da diverse congreghe in Alabama e in altri Stati del Sud. Che si concentrano nell’opposizione al movimento per i diritti civili degli afroamericani, utilizzando ogni forma di violenza. La più clamorosa è quella che avviene la notte del 21 giugno 1964 nella contea di Neshoba il Mississippi. Tre attivisti per i diritti civili, James Chaney, Andrew Goodman e Michael Schwerner sono uccisi da alcuni membri segreti del Klan. Cioè lo sceriffo della contea, Lawrence Rainey, il suo vice, Cecil Price. L’ideologia razzista alla base del Ku Klux Klan è ancora presente in America. E pare che oggi sul territorio americano esistano un centinaio di cellule, con qualche migliaio di aderenti, che purtroppo continuano ancora questi atti criminali.