Neuroscienza – Sarà vero che invecchiando si perde interesse nell’apprendere? In base ad un recente studio condotto su cavie da laboratorio, i neuroscienziati del MIT hanno identificato un circuito cerebrale fondamentale per mantenere l’interesse e la motivazione al meglio.
Quando le persone invecchiano, spesso perdono la motivazione ad imparare cose nuove o a impegnarsi in attività quotidiane. Ma questa non è una regola. In quando è dimostrato come una buona fetta di anziani, riesce con l’allenamento e lo stimolo giusto a mantenere il cervello perennemente attivo e giovane.
Dunque, è stato possibile dai ricercatori del MIT individuare un particolare meccanismo che permettedi tenere sempre attivo il circuito cerebrale che mantiene giovane il cervello.
Questo circuito è particolarmente importante per imparare a prendere decisioni che richiedono di valutare il rapporto che c’è in una particolare azione. Nella fattispecie i benefici che se ne possono trarre.
I ricercatori hanno dimostrato che potrebbero aumentare la motivazione (almeno nei topi) negli esemplari maturi, ad impegnarsi in questo tipo di apprendimento. Ciò avverrebbe riattivando questo circuito; ma potrebbe accadere il contrario, cioè la diminuzione e la motivazione, così da sopprimere lo stesso.
“Con l’avanzare dell’età, è più difficile avere un’attitudine al movimento”, dice Ann Graybiel, professoressa dell’Istituto al MIT e membro del McGovern Institute for Brain Research. “Questo “get-up-and-go”, o impegno, è importante per il nostro benessere sociale e per l’apprendimento: è difficile da imparare se non si frequenta e non si è impegnati“.
Graybiel è l’autrice principale dello studio, che appare oggi in Cell. I collaboratori dello studio sono Alexander Friedman, un ex ricercatore del MIT che ora è assistente professore all’Università del Texas a El Paso, ed Emily Hueske, ricercatrice del MIT.
Invecchiando si perde interesse nell’apprendere? Il MIT valuta costi e dei benefici
Lo striato fa parte dei gangli basali, (Foto 1) una collezione di centri cerebrali legati alla formazione dell’abitudine; al controllo del movimento volontario, alle emozioni e alla dipendenza.
Per diversi decenni, il laboratorio di Graybiel ha studiato gruppi di cellule chiamate striosomi, che sono distribuiti in tutto lo striato. Graybiel ha scoperto gli striosomi molti anni fa, ma la loro funzione era rimasta misteriosa almeno in parte, perché sono così piccoli e profondi nel cervello che è difficile individuarli con la risonanza magnetica funzionale (fMRI).
Negli ultimi anni, Friedman, Graybiel e colleghi – tra cui il collega di ricerca del MIT Ken-ichi Amemori, hanno scoperto che gli striosomi giocano un ruolo importante in un tipo di processo decisionale noto come conflitto di approccio-evitamento.
Queste decisioni implicano il tipo di scelta, o le azioni – come il bene e il male – o se farle o evitarle entrambe – e quando le opzioni date hanno elementi sia positivi che negativi.
Un esempio di questo tipo di decisione, è quello di dover scegliere se accettare un lavoro che paga di più ma che costringe ad allontanarsi dalla famiglia e dagli amici. Decisioni di questo tipo provocano spesso grande ansia.
Stress, depressione e dopamina
In uno studio correlato, il laboratorio di Graybiel ha scoperto che gli striosomi si collegano alle cellule della substantia nigra, uno dei principali centri di produzione di dopamina del cervello. Questi studi hanno portato i ricercatori a ipotizzare che gli striosomi possano agire come un gatekeeper che assorbe le informazioni sensoriali ed emotive provenienti dalla corteccia e le integra per produrre una decisione su come agire. Queste azioni possono poi essere rinvigorite dalle cellule che producono dopamina.
I ricercatori hanno poi scoperto che lo stress cronico ha un impatto importante su questo circuito e su questo tipo di decisioni emotive. In uno studio del 2017 condotto su ratti e topi, è stato dimostrato che gli animali stressati, sono molto più propensi a scegliere opzioni ad alto rischio e ad alto rendimento; ma che possono bloccare questo effetto manipolando il circuito.
Nel nuovo studio Cell, i ricercatori si sono prefissati di indagare su ciò che accade negli striosomi mentre i topi imparano a prendere questo tipo di decisioni. Per fare questo, hanno misurato e analizzato l’attività degli striosomi mentre i topi imparavano a scegliere tra risultati positivi e negativi.
Durante gli esperimenti, i topi hanno sentito due suoni diversi; uno accompagnato da una ricompensa (acqua zuccherata); e un altro che è stato accoppiato con uno stimolo leggermente avverso (luce brillante). I topi imparano gradualmente che leccando di più un beccuccio quando sentono il primo tono, ottengono più acqua zuccherata; e se leccano di meno durante il secondo, la luce è meno brillante e per questo non ottengono la ricompensa.
Gli striosomi e il rapporto segnale-rumore
Imparare a svolgere questo tipo di attività, richiede l’assegnazione di un valore ad ogni costo e ad ogni ricompensa. I ricercatori hanno scoperto che, man mano che i topi imparavano il compito, gli striosomi mostravano una maggiore attività rispetto ad altre parti dello striato. Quest’attività, dunque, era correlata con le risposte comportamentali dei topi ad entrambi i segnali. Tuttavia l’esperimento suggerisce che gli striosomi potrebbero essere fondamentali per l’assegnazione di un valore soggettivo ad un particolare risultato.
“Per sopravvivere, per poter fare qualsiasi cosa tu stia facendo, devi costantemente essere in grado di imparare. Devi imparare ciò che è bene per te e ciò che è male per te”, dice Friedman.
“Una persona, o in questo caso un topo, può dare un valore così alto a una ricompensa che il rischio di incorrere in un possibile costo viene sopraffatto, mentre un altro può voler evitare il costo ad esclusione di tutte le ricompense”. E questo può portare ad un apprendimento basato sulle ricompense in alcuni e ad un apprendimento basato sui costi in altri”, dice Hueske.
I ricercatori hanno scoperto che i neuroni inibitori che trasmettono i segnali dalla corteccia prefrontale aiutano gli striosomi a migliorare il loro rapporto segnale-rumore, che aiuta a generare i segnali forti che si vedono quando i topi valutano un’opzione ad alta ricompensa.
Perdita di motivazione
Successivamente, i neuroscienziati, hanno scoperto che nei topi più anziani (tra i 13 e i 21 mesi, più o meno equivalenti alle persone di 60 anni e più), l’impegno dei topi nell’apprendimento di questo tipo di analisi costi-benefici è diminuito. Allo stesso tempo, la loro attività striosomica è diminuita rispetto a quella dei topi più giovani. I ricercatori hanno trovato una perdita di motivazione simile in un modello murino della malattia di Huntington, un disturbo neurodegenerativo che colpisce lo striato e i suoi striosomi.
Quando i ricercatori hanno usato farmaci geneticamente mirati per aumentare l’attività degli striosomi, hanno scoperto che i topi si sono impegnati di più, nell’esecuzione del compito. Al contrario, la soppressione dell’attività degli striosomi ha portato al disimpegno.
Oltre al normale declino legato all’età, molti disturbi mentali possono alterare la capacità di valutare i costi e i benefici di un’azione; dall’ansia e dalla depressione a condizioni come il PTSD.
Ad esempio, una persona depressa può sottovalutare esperienze potenzialmente gratificanti; mentre una persona che soffre di dipendenza può sopravvalutare le droghe, ma sottovalutare cose come il suo lavoro o la sua famiglia.
I ricercatori stanno ora lavorando su possibili trattamenti farmacologici che potrebbero stimolare questo circuito; infine suggeriscono che la formazione dei pazienti per migliorare l’attività in questo circuito attraverso il biofeedback potrebbe offrire un altro modo potenziale per migliorare le loro valutazioni costi-benefici.
“Se si potesse individuare un meccanismo che sia alla base della valutazione soggettiva della ricompensa e del costo; e usare una tecnica moderna che potrebbe manipolarlo, sia psichiatricamente che con il biofeedback, i pazienti potrebbero essere in grado di attivare correttamente i loro circuiti”. Conclude Friedman.
Invecchiando si perde interesse?