Frutto di uno sforzo che è durato quasi cinque anni il Colibrì di Sandro Veronesi è un libro travolgente. Dipinge davanti ai nostri occhi l’affresco di una famiglia borghese tra Roma e Firenze dagli anni settanta ad oggi. Ci sussurra a bassa voce una storia all’apparenza ordinaria, tuttavia se leggiamo attentamente è straordinaria vista dall’interno. Perché questo è un romanzo sul dolore e sulla forza struggente della vita che parla anche di ognuno di noi. Aprendo il libro già dall’inizio ci immergiamo tra messaggi e ricordi che sono al centro di una trasformazione interiore che potrebbe essere la nostra.
Cosa ci racconta Il Colibrì di Sandro Veronesi
Questa è la vita di Marco Carrera spesa tra continue sospensioni e coincidenze fatali. Sopporta strenuamente i tiri mancini della vita e lo fa perché proprio come noi, non ha una scelta. In questo libro c’è tanta morte: quella dei genitori di Marco malati di cancro, quella di Irene ancora ragazzina che sceglie di togliersi la vita. Ed infine quella di un matrimonio perfetto che finisce, e quella di un aborto per una storia mai nata con Luisa. Proprio questa serie di eventi porta il protagonista a vedere la sua vita sgretolarsi sotto i suoi occhi. Tuttavia capiamo che Marco non crolla mai fino in fondo perché il suo è un movimento incessante per rimanere stabile, granitico, proprio come il colibrì. Questo il soprannome che sua madre ha scelto per lui sin da piccolo, per l’ esile costituzione, ma che dice molto del suo carattere.
Un eroe dei nostri giorni
Infatti il romanzo parla di resilienza, e tanta vita, tutta custodita nell’uomo del futuro, dal glorioso nome di Mirajin, che Adele porta in grembo. Marco potrebbe chiudere gli occhi e smettere di respirare ma non lo fa, trova la forza di fare un altro passo. Perché ha in mente sempre quelle parole:
“Tu sei un colibrì perché come il colibrì metti tutta la tua energia nel restare fermo. Settanta battiti d’ali al secondo per rimanere dove già sei. Sei formidabile, in questo”.
Questo libro si lascia leggere tutto di un fiato e chiudendolo ci rendiamo conto che non è una banale vicenda. Quindi non dobbiamo meravigliarci che sia in testa alla sestina scelta dal Premio Strega 2020. Perché rappresenta probabilmente quello che serve a tutti noi per rinascere: la speranza.