Henri Rousseau, pittore naïf per vocazione naturale, ha resistito alla raffica infinita di aspre critiche alle sue opere. Infatti ha sempre continuato a dipingere con profonda convinzione creativa, spinto dall’impulso irrefrenabile di fare arte comunque. La sua è anche un’incoraggiante storia di vita reale, di notevole resilienza e ottimismo così risoluta che nessun attacco esterno può demolire e ostacolare.
I primi anni di Henri Rousseau
Rousseau nasce il 21 Maggio 1844 a Laval e vive un’infanzia ed una fanciullezza segnate dalla povertà. Come scolaro non è molto brillante infatti non riesce a diplomarsi, tuttavia dimostra un grande amore per la musica, la poesia. Ma anche una certa dote per l’ortografia, cosa che gli permette di ottenere un posto di impiegato presso un avvocato. Nell’estate del 1868 Henri Rousseau si trasferisce a Parigi dove lo assumono presso il dazio della prefettura della Senna. Proprio questo lavoro, fatto soprattutto di tempi morti, gli varrà l’appellativo di Doganiere. Ed è probabilmente per vincere la noia che incomincia ad abbozzare veloci disegni a penna e piccoli studi ad olio di luoghi visitati. Del tutto autodidatta nel 1884 ottiene il permesso di entrare al Louvre per copiare i dipinti esposti. Ormai prossimo alla pensione decide di dare sfogo alla sua creatività e provare a diventare pittore professionista.
L’esordio di un artista indipendete
Infatti nel 1885 affitta un atelier in Avenue du Maine e con l’intenzione di imparare a dipingere dal vero si reca allo zoo. Qui copia con grande diligenza gli animali e le piante, traducendoli in uno stile unico accolto con scherno da amici e critici. Ma non si arrende e nel 1886 espone per la prima volta al Salon des Indépendants, portando i dipinti con una carretta trascinata a mano. Le sue giungle sono accolte dal pubblico come il disegno di un bambino ingenuo, il frutto acerbo di un uomo che non ha mai dipinto. Eppure il vorace appetito di ispirazione continua spingere l’artista a dipingere le sue tele animate da una forza selvaggia. Che parla di luoghi incantati da una carica onirica, dove i personaggi immersi in un fittissima vegetazione sembrano giungere da una dimensione fiabesca e irreale.
L’incontro con Picasso
Questa prorompente libertà creativa alla fine colpisce Picasso che trova per caso un dipinto di Rosseau da un rigattiere e lo acquista per poco. Decide quindi di andare a trovare Rosseau ormai sessantaquattrenne nel suo studio, in compagnia di altri artisti. Se Picasso stimasse realmente l’anziano Rousseau non è dato saperlo, quello che sappiamo è che organizzò una cena in onore dell’artista che si dimostrò essere una farsa. L’artista si prestò allo scherzo e giorni dopo scrisse una lettera a Picasso per ringraziarlo dell’onore ricevuto. Più povero che famoso, Henri finì per ammalarsi e col trascurare la sua salute in nome di una passione per l’arte forse all’epoca ingrata. Muore nel 1910, nella più completa solitudine, lasciando come testamento pittorico l’opera di una vita: Il sogno (1910). Un fuoco d’artificio dominato da 50 tonalità di verde che lo incorona infine come il cantore di una bellezza incantata.
by M. D. L.