Quella di Giorgio De Chirico, può seriamente essere definita una natura inquietante. Indubbiamente, quando abbiamo a che fare con personaggi ermetici, curiosi o fuori dall’ordinario, siamo trasportati dal desiderio stesso del sapere; guidati o ammaliati dal fascino che provoca dentro di noi. Le piazze, le nature morte e lo studio dei manichini, sono argomenti criptici. C’è chi dietro queste pitture trova un mondo astrale, chi una profonda compenetrazione dei sensi chi … un’abissale e angosciante perspicacia.
Non sempre però le fonti, i documenti e quanto ne concerne, fanno al caso nostro; Spesso, partendo dall’illusione di fondo, restiamo (il più delle volte) delusi o perplessi. Ci chiediamo, appunto, se dietro le piazze vuote, dietro a dei manichini senza volto, si nasconde di più.
Forse, il mistero di un passato occulto – a volte terrificante. Oppure un “senza nome”, un “senza volto” un’identità fittizia. Lo schermo di un universo onirico su cui si riversa la psiche dell’uomo.
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De Chirico, fu definito “l’uomo che da la voce ai sogni”; ambiguo, lungimirante e, come molti nel suo ambiente, non capito. Unico vero simbolo, unico artefice di una straordinaria, METAFISICA. Un personaggio che ha lasciato su di se, parecchie domande.
Una natura inquietante: Genio o folle visionario? Ecco chi è Giorgio De Chirico
Le contraddizioni sul genio (o il folle visionario), scivolano sulle opere che usano come schermo la fantasia, i sogni, incubi. Trasfigurazioni di un immortale desiderio inconscio, di ciò che accadrà, palesato dalla paura della conoscenza del sé.
In tanti ne conoscono la storia, le opere, le basi della pittura che sfociarono poi nella corrente surrealista. Ma in molti ancora si chiedono il significato profondo delle sue composizioni. Che cosa si nasconde dietro i suoi quadri? È plausibile sostenere che c’era una fonte di temibile verità in ciò che egli rappresentava? Cosa si nasconde dietro la sua arte figurativa?
Certo, potremmo andare avanti una vita con le domande, ma una cosa indubitabile è che il forte fascino di questo straordinario pittore, ha tramandato fino ai giorni nostri, simboli brulicanti di identità; di sogni spesso incomprensibili.
Sogni sospesi a mezz’aria, come in un limbo senza tempo dove l’unico limite è dato dalla comprensione umana.
L’arte che non è solo arte ma sublimazione dell’essenza; un inconscio misterioso nel quale ogni essere cammina sospeso.
La Metafisica, diversamente da altre correnti pittoriche del suo tempo (come surrealismo e dadaismo, correnti pittoriche collettive), annovera solo lui come unico esecutore.
Artefice, portavoce e veggente di quest’avanguardia. Che si accomuna con le altre, solo per quel periodo che va dal 1912 al 1940, in cui l’ascesa sarà senza eguali.
Nei primi anni del ‘900, (1905-09), Giorgio De Chirico, viene a contatto con la pittura “romantico-simbolica” di Füssli, Bocklin, Klinger e Redon.
Artisti che traevano spunto dal grande patrimonio dell’immaginario collettivo individuale; per dare un aspetto affascinante e, nello stesso tempo impenetrabile e vagheggiato, ai propri quadri.
L’origine della metafisica rivelatrice
Autori e critici d’Arte, sostengono che la pittura di questi artisti, è rivolta alla rivelazione dell’irreale, fatto d’incubi, mostri e residui d’inconscio, che “saldamente” abitavano nel profondo della psiche umana.
Negli anni a seguire, tra le opere cubiste e d’avanguardia – per le quali di fondo De Chirico, non nutrirà mai grande stima – questi si dirigerà verso una pittura totalmente diversa.
Definito pittore italiano, in realtà Giorgio De Chirico è originario di Volo, in Tessaglia, dove nasce nel 1888. Greco, ma definito cittadino del mondo, arriva in Italia solo tempo dopo, frequentando l’Accademia delle Belle Arti di Firenze.
Già nel 1909 si trasferisce a Milano, per passare poi successivamente a Parigi dove si trova suo fratello Alberto, scrittore e pittore.
Qui conoscerà Pablo Picasso, che successivamente nel ’36 coinvolgerà in un progetto Newyorkese.
A Parigi, darà il via alla serie delle “piazze Metafisiche”.
<<L’ambiente metafisico, fatto di solitudine. Elimina la prospettiva. L’orizzonte gaio di una bambina che gioca, turbato dalle ombre proiettate dal carrozzone e dall’edificio. In fondo, il riflesso spettrale di una statua, come l’allusione di una minaccia per la bambina rivolta al futuro. Si evidenzia il corso della vita, con gli archi che si ripetono ritmicamente, come a scandirne il tempo, mentre le porte aperte di un carrozzone alludono ai sogni, sui quali l’ombra fa da padrona>>.
Si arruolò come volontario nella prima guerra mondiale. Lui e suo fratello, furono mandati a Ferrara. Qui incontrò Carlo Carrà, con il quale poi darà il via alla pittura Metafisica. Fu oggetto di grandi critiche che, più di un’avanguardia, fu definita un’anti-avanguardia. Ma De Cririco, aveva come obiettivo quello di spezzare la tradizionale unità logico-narrativa del quadro, esattamente come per Picasso lo era stato spezzare la struttura dei suoi soggetti.
De Chirico voleva “spezzare il tempo”, arrestarlo e mettere ambiguamente in relazione oggetti in apparente incoerenza. Moltiplicare, dunque, punti di vista inconciliabili. In nuce: caricare oggetti comuni di significati simbolici con palesi richiami al mondo dei sogni e dell’infanzia.
L’incontro, avvenuto nel 1917, con uno dei maggiori porta voce del Futurismo, fa emergere una pittura che rappresenta qualcosa che va al di là dell’esperienza sensoriale.
Gli strumenti classici, tipici della pittura, sono il mezzo di comunicazione dei sogni, dell’inconscio e delle visioni
Nella metafisica, i luoghi, per quanto realistici, hanno valenza onirica per via di una prospettiva distorta. Osservando le piazze, in cui riecheggiano simboli ellenici, notiamo come siano prive di una qualunque presenza umana. Emergono elementi bizzarri. Come ad esempio i “suoi” manichini, senza volto che sfociano in una solitudine angosciante in un mondo privo di personalità .
Ma perché il manichino? perché l’uomo-automa contemporaneo è un uomo senza volto. Ispirazione che, lo stesso, trae da un racconto drammatico scritto da suo fratello Alberto Savinio – appunto – “L’uomo senza volto”. Espressione di una persona priva di identità, concetto che si riversa in molti dei suoi dipinti.
Ettore e Andromaca (1917) e Le Muse inquietanti (1917) rappresentano le paure più recondite come la solitudine ma, soprattutto, coloro che, pur privi di occhi ti osservano attentamente.
Una natura inquietante, gli ultimi anni
La pittura metafisica, getterà le basi del surrealismo che privilegia la rappresentazione dell’IO interiore dell’artista, a scapito della fedeltà realistica.
Dopo un periodo, (dal 1936 al 1937) vissuto a New York, dove collabora con diverse riviste, tra cui Vogue e Harper’s Bazaar, torna in Italia. Si trasferisce nel 1944 a Roma. Qui continuerà la sua carriera artistica, che si concluderà a 90 anni, nel 1978. Molti dei suoi dipinti, suscitano ammirazione e perplessità; a tutt’oggi, alcuni dei suoi quadri visionari, eseguiti prima di determinate date, restano “dei brividi su tela”. L’artista giace in una tomba presso la chiesa di San Francesco a Ripa.
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Ad ogni modo, definire Giorgio De Chirico una natura inquietante, per molti potrebbe sembrare un’esagerazione. Non c’è dubbio che le sue opere dense di simboli e di una natura fortemente onirico-introspettiva lasci parecchi dubbi. Tuttavia, per i più scettici, è possibile fare riferimento ad uno dei più importanti quadri dell’artista:
Il Ritratto di Guillaume Apollinaire. Osservando il quadro, si ha l’idea di trovarsi come dentro una tomba. De Chirico nutriva una profonda amicizia con Apollinaire che, di contro era un grande e profondo estimatore delle sue opere. Il quadro, viene dipinto dall’artista nel 1914, prima della Guerra. Ogni oggetto, come metafisica vuole, si carica di simboli e significati che, negli anni a seguire, lascerà sconcertati in tanti.
Sulla parte centrale, è visibile un’ombra, il profilo di un uomo con un cerchio bianco ben evidente. Sotto la rappresentazione di un mezzo busto stile ellenico con occhiali da sole. Il profilo scuro è Apollinaire e, il cerchio è il punto esatto dove, durante la guerra, il poeta fu colpito. Il busto con gli occhiali da sole, rappresenta lo stesso che a seguito dell’incidente, si eclisserà come scrittore e morirà (1918). De Chirico, era veramente un veggente? o il tutto fu solo il frutto di un caso sfortunato?