ROMA – E’ Roma, seguita da Bologna e Milano, la città più attiva nel food delivery di cucina vegana. Proprio così. E’ quanto emerge con i risultati di una ricerca condotta dal food delivery Just Eat insieme a Bva Doxa per esplorare la propensione degli italiani rispetto alla dieta vegana e vegetariana in occasione di Veganuary, iniziativa in calendario ogni anno nel mese di gennaio con l’obiettivo di incoraggiare ad adottare un’alimentazione totalmente vegana e priva di prodotti di derivazione animale. Gli analisti segnalano che i piatti vegani si sono rivelati, sulla base della quinta edizione della Mappa del cibo a domicilio in Italia, molto popolari su Just Eat nel 2021 con una crescita della cucina vegana del +67%.
Nella categoria dei piatti più ordinati, oltre a piatti come torta salata di verdure, pita falafel e babaganoush, spiccano anche i piatti più amati nel food delivery, in versione vegana. In particolare, crescono nel 2021 le versioni vegane di poke (9300kg, +138%), sushi (3200kg, +78%), hamburger (31000 kg, +59%), pizza (22800kg, +43%), e insalate (3600kg, +20%). La ricerca ha svelato che gli italiani, pur essendo un popolo principalmente onnivoro, prestano una maggiore attenzione al consumo di proteine animali rispetto al passato. Tutto ciò, per limitarne gli effetti negativi per la salute. Sono infatti 2 su 3 (67%) gli italiani che dichiarano di aver ridotto i consumi di carne e pesce, principalmente per motivi di salute (45%), ma anche per un’attenzione al tema della sostenibilità (28%).
Food delivery di cucina vegana, Roma al top
Inoltre il 20% degli intervistati ha dichiarato di aver provato in passato una dieta vegana/vegetariana. Circa il 14% si dichiara propenso a seguire una dieta vegana nei prossimi 12 mesi. La propensione cresce (32%) qualora l’adesione al regime alimentare vegano sia limitata nel tempo (3-6 mesi). In generale, la popolazione italiana riconosce al Veganesimo di avere un basso impatto ambientale (57%) e di essere salutare (55%). C’è poi un’altra cosa importante.
Nel 2020 il digital food delivery ha rappresentato tra il 20% e il 25% dell’intero settore del domicilio. Si stima che questo, nel 2021, arriverà a valere oltre un miliardo di euro. Il classico sistema delivery ha però un importante limite. È quello della circoscritta copertura geografica. Ciò si deve al fatto che, trattandosi di prodotti “ready to eat”, questi hanno una “shelf life” molto limitata che gli impedisce di superare determinate distanze. Ci riferiamo alla vita commerciale del prodotto, ovvero il periodo di tempo che intercorre fra la produzione e il consumo dell’alimento senza che ci siano rischi per la salute del consumatore. Di conseguenza, la territorialità diventa fondamentale.