ROMA – Cultura italiana nel turismo enogastronomico, una realtà a tutti gli effetti. Parliamo infatti, senza alcuna ombra di dubbio, di una nuova forma di turismo culturale. Partiamo ad esempio dal settore della mixology: è importante affrontare i temi della responsabilità e della consapevolezza sulle metodologie di lavoro, discutere della cura della bevanda come esperienza, con metodi innovativi, puntando sull’ecosostenibilità e ricordando che il bartender non è solo colui che prepara miscele, ma anche chi accoglie e accompagna gli ospiti per l’intera serata.
Fondamentale diventa la riscoperta dei mestieri e dei saperi in chiave innovativa, con la necessità di guardare alla produzione e al consumo a Km 0, dunque una distilleria che potremmo definire ‘agricola’, perché il bartender 4.0 deve fare una scelta consapevole dei prodotti che utilizza. Poi c’è il comparto del vino. La narrazione del territorio va portata fuori dal territorio stesso perché stappare una bottiglia, assaggiare un bicchiere di vino, vuol dire leggere l’etichetta e vedere da chi e dove è prodotto quel vino, andare sul posto e mangiare in un ristorante, dormire una notte nelle strutture alberghiere del luogo e ordinare più bottiglie di quel vino, ovvero significa promuovere l’enoturismo che è ormai un fatto strutturale.
Cultura italiana nel turismo enogastronomico
La cultura del vino, insomma, è sicuramente un modo straordinario di approcciarsi al turismo sul quale bisogna puntare. Ma non è finita qui. Si parla ancora poco del caffè, con un ragionamento che vada dall’arte della decorazione fino al caffè nella ristorazione, partendo da un presupposto irrinunciabile: la passione.
L’accoglienza è oggi uno dei cardini della promozione turistica e merita un approfondimento per chi si prepara a questa professione. Negli ultimi anni si sono privilegiate forme di accoglienza poco efficaci. Ora bisogna tornare a dare spazio ai professionisti, ovvero gli alberghi devono lavorare sui servizi, non solo far dormire ma anche indirizzare con qualità: colazione, neuromarketing, colori giusti negli spazi giusti. Non bisogna svendere il nostro patrimonio e occorre riportare l’attenzione in Italia.