Il corredo mortale di una giovane londinese, passato alla storia come uno dei più truci infanticidi del Regno unito.
Regno Unito, 1954. Il caso di cronaca che raccontiamo oggi è probabilmente uno dei racconti più raccapriccianti e “brevi” della storia di Londra. Un triplice caso di infanticidio che vede protagonista una donna: Elsie Rodgers.
Il 30 gennaio, Scotland Yard divulgava un comunicato a tutti gli uffici di polizia delle isole britanniche. La donna, accusata di aver ucciso tre bambini, era una super ricercata. La sede del Metropolitan Police Service, responsabile del servizio di polizia, era seriamente intenzionata a catturarla. Nel comunicato si legge:
«Si cerca una signorina di 37 anni, dai capelli neri e dall’aspetto esile, Mistress Elsie Rodgers».
Nella vecchia Londra, dove si ricordano serial killer di fama internazionale, come Jack the ripper, non è insolito apprendere notizie simili. Ma del resto, come in tutto il mondo.
Molto probabilmente perché nelle zone più povere e malfamate delle grandi metropoli, ma anche di piccoli centri, la disperazione, l’ignoranza, e altri fattori, conducono le persone a compiere gli atti più disumani. Azioni spesso precedute dal delirio o dalla pazzia, che amaramente, portano alla luce un dettaglio psicologico più intrinseco, frutto di privazioni e di una vita di stenti. Un aspetto più radicato del problema.
Non che – per quanto ovvio – tutto questo giustifichi un atto così crudele e inaccettabile come un delitto. La notizia del triplice infanticidio, fece il giro della regione, e poco tempo dopo la donna fu arrestata.
Corredo Mortale: infanticidio a Scotland Yard
La documentazione riportata negli archivi di The Yard era inquietante. Tre piccole vittime. Ritrovate nel giro di due settimane, “strangolati” (come scrisse l’esperto forense) “con una calza di nylon e ritrovati già mummificati”. Sulla loro morte:
[…] “Il primo ha due anni e non permette una precisa identificazione;
il secondo poco più di un anno, (di sesso maschile);
il terzo, (di sesso femminile) di quattro o cinque mesi. […]
Com’era potuta accadere una cosa simile? Cosa aveva scatenato una reazione così cruenta da parte della Rodgers? Aveva agito da sola? Queste e altre domande furono ripetute in maniera convulsiva dalla stampa e anche dalla stessa Yard, organi giudiziari compresi. Comunque, erano seriamente intenzionati a venirne a capo.
Durante il processo, si evinse che i tre piccoli corpi erano stati chiusi a chiave in tre differenti valigie; la donna li aveva poi abbandonati in due negozi diversi, portando con sé una sola di esse.
L’intento, stando al racconto, era quello di tornare indietro a riprenderle. O quanto mento è ciò che racconterà alla giuria.
Tuttavia, i commessi dei negozi, insospettiti e probabilmente preoccupati dall’odore malsano emanato dalle valigie, le portarono in centrale. Da quel momento, la 37 enne, fu messa sotto accusa.
Ciononostante, durante il processo, diversi capi di imputazione caddero, come la diretta responsabilità della donna.
Il 5 marzo del 1954 la giuria di Burton-on-Tront emise il verdetto su Elsie Rodgers. Fu giudicata non colpevole dell’uccisione di due dei tre bambini, ma complice invece dell’assassinio del terzo.
L’opinione popolare rimase senza parole
La donna ammise di essersi recata in viaggio di nozze con uno dei cadaveri nella valigia che conteneva anche il suo corredo; dichiarò anche che erano figli suoi. Asserì, tuttavia, che li aveva affidati vivi a un conoscente poco prima che si sposasse, nel 1947.
Ammise, inoltre, che – dopo il matrimonio – non sapendo dove mettere il terzo cadavere, decise di portarlo con sé in viaggio di nozze. La giuria, turbata, continuò l’interrogatorio. Purtroppo, l’imputata fu discolpata poiché i fatti – visto che la Rodgers continuava a dichiarare di non sapere che i due bambini fossero stati uccisi – non produssero prove tangibili. Mentre, del più piccolo, volle convincere la giuria che fosse nato morto. O questo è quanto dicono le fonti.
Eppure, riflettendo, se l’autopsia aveva dichiarato che la piccola salma che la donna portò con sé, aveva circa quattro mesi, come poteva affermare di non sapere che fosse nato vivo? Non era credibile!
Riguardo gli altri due bambini, venuti al mondo a due anni di distanza l’uno dall’altro (rispettivamente nel 1947 e nel 1950) sostenne in maniera certa e consapevole di non sapere che fossero morti.
Il marito di Elsie Rodgers, Bill Townsend, era l’unico che poteva confermare o smentire. Però non aveva mai prodotto una testimonianza assertiva dei fatti. Morì anni dopo, portandosi nella tomba il segreto del triplice infanticidio.
Corredo mortale: la Rodgers era colpevole o innocente?
Purtroppo, The Yard e istituzioni annesse non riuscirono a rispondere alle domande. C’è chi sospetta che fu solo una pedina e che fu proprio il marito ad occuparsi di tutto. Forse non desideroso di paternità. Lei continuò a sostenere l’estraneità dei fatti, e a non sapere cosa fosse successo, fino al giorno in cui – si leggerà dopo – non scoprì i piccoli corpi in un armadio, che poi la spinsero a chiuderli in valigia, in attesa di far calare il sipario su un atto semplicemente agghiacciante.
Tempo dopo, fu la stessa Rodgers a sostenere che, ad occuparsi di tutto, fu proprio il marito. Ma le prove? Possibile che non sapendo cosa farsene agì come riportato in udienza?
«Me li sono trascinati dietro ovunque sono andata, fino a quando decisi di abbandonarli nei negozi e in tre valigie».
La verità, al momento è fedelmente depositata nella tomba di Bill Townsend, una verità che non ha mai portato giustizia a tre piccoli bambini crudelmente strappati alla vita.