Coraggiosa e camaleontica inventrice di un originale stile pittorico Artemisia Gentileschi è una figura affascinante e controversa. La sua fama oggi è diventata planetaria, grazie anche a romanzi ed opere teatrali, ma nel suo tempo ha dovuto affrontare molte dolorose prove. Questo ci mostra fino a quale punto arriva l’ingegno e la mano di una donna che cavalca indomita i secoli per dimostrare il suo valore.
Sotto il segno del padre Artemisia Gentileschi
Artemisia Gentileschi nasce a Roma nel 1593: suo padre Orazio, è amico di Caravaggio ed uno dei più stimati pittori dell’epoca. Cresce facendo il suo apprendistato con i fratelli presso il padre, in un ambiente molto stimolante per una giovane pittrice. Tuttavia A 12 anni prova il suo primo grande dolore: rimane orfana di madre, questa tragica circostanza le consente di avvicinarsi molto al padre. La sua casa è assiduamente frequentata da artisti e, oltre a dipingere, vi si discutevano le ultime novità. Però in quel mondo artistico popolato solo da uomini, talvolta poco raccomandabili, non c’è posto per una donna. E tutto quello che impara è il frutto dell’insegnamento tra le mura domestiche, anche se questi esili confini nascondono un’insidia inaspettata e pericolosa. Infatti Orazio Gentileschi fa lo sbaglio di fidarsi di un pittore con cui collabora, Agostino Tassi.
Il pericolo ti siede accanto
Personaggio dai burrascosi precedenti, anche penali, talmente prepotente da essere chiamato lo smargiasso, gode di larga fiducia in casa Gentileschi. Quest’uomo tenta più volte di sedurre Artemisia, ma riceve sempre un fermo rifiuto fino al tragico epilogo. Nel maggio del 1611, approfitta dell’assenza di Orazio per prendere con la forza ciò che la ragazza non è disposta a concedere con agio. Il Tassi, che ha già risposto in tribunale per aver violentato sua cognata, promette di sposarla, per salvare la sua reputazione e quella del padre. Ciononostante non onora l’impegno ed il 9 maggio 1611 il caso arriva davanti alla corte papale con una denuncia. L’indagine, dura sette mesi, sul banco degli imputati c’è però Artemisia stessa, che dimostra una forza e un coraggio insospettabili.
Processo e martirio
Agostino Tassi tenta di ribaltare le accuse, ed esiste un solo modo per accelerare i tempi del processo, la ragazza accetta di testimoniare sotto tortura. Infatti la pittrice si sottopone in un confronto diretto con l’accusato alla sevizia dei sibilli. I pollici sono legati con delle cordicelle che, grazie ad un legno, vengono strette sempre di più intorno alle falangi. La conseguenza possono essere la perdita completa dell’uso delle dita, questo significa la rovina professionale di Artemisia. Mentre le guardie le legano i pollici per la tortura, con coraggio lei grida allo Smargiasso:
“Questo è l’anello che mi dai, e queste le promesse”!
In seguito sopporta ogni tipo di tormento, e alla fine ha giustizia formale, ma non una vera vittoria. Tassi è condannato all’esilio perpetuo da Roma ma in realtà non lasciò mai la Capitale.
Attraverso le difficoltà fino alle stelle
Quello che segue è una carriera folgorante, e nelle splendide tele di questa pittrice niente più donne spaventate e soggette agli uomini. Ora trionfano eroine potenti ed indipendenti, una vera rivoluzione in un periodo in cui anche le figure femminili sono rappresentate in una chiave di sottomissione. Ormai grande Artemisia non ha soltanto trasfigurato il dolore dello stupro, ha dato voce alle donne e rivendicato loro la posizione nella storia e nell’arte.
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