Fatti, incongruenze, dubbi e violente rivelazioni. Sono queste, le parole, che aleggiano intorno a quegli eventi per lo più enigmatici, che hanno fatto parte del passato del 35° presidente degli Stati Uniti: John Fitzgerald Kennedy. Avvenimenti tristi e sconvolgenti, o soltanto inspiegabili, che hanno mostrato uno strano ed assurdo concatenarsi di fatti, spesso lasciati in sospeso, o troppo spesso, chiusi con una fretta inverosimile, quasi a voler a tutti i costi, chiudere con quelle verità illogiche che lasciano spazio al sospetto, e a quel senso di brivido marmoreo.
22 novembre 1963. Sotto gli occhi di milioni di persone acclamanti, JFK jr., fu ucciso a colpi d’arma da fuoco! Di questa paradossale vicenda, dalle testate giornalistiche, ai semplici libri di storia, tutti ne sanno qualcosa, ma qui, io non voglio riportare solo passi storici, bensì una serie di punti interrogativi, di questioni contraddittorie che sono giunte sino ai giorni nostri.
John Fitzgerald Kennedy al di là di ogni ragionevole dubbio
Fatti incredibili, per quanto insospettabili, che ancor oggi, per molti versi, non hanno trovato risposta. Tanto che il caso JFK è ancora aperto. Purtroppo, a citare tutta l’oscurità, i meccanismi contorti che spuntano come funghi intorno alla famiglia Kennedy, queste righe diventerebbero davvero troppe. Ma andiamo per gradi, facciamo un breve riassunto dell’accaduto.
Alle 12.30 circa, Kennedy attraversa il lungo corteo che lo aspetta al suo arrivo a Dallas, in Texas, accompagnato dalla moglie, Jacqueline, dal governatore del Texas, John Connally e consorte, quando dal sesto piano di un edificio, partono dei colpi di fucile.
Kennedy si accascia in avanti, poi all’indietro. Il delirio. La folla urla, fugge spaventata. Qualcuno, nonostante tutto, resta a guardare. Il presidente viene portato via. Il buio. Poi alle ore 14.00, presso il Parkland Memorial Ospital, viene comunicato il decesso. La storia li avrebbe ribattezzati i quattro giorni indimenticabili. Il 22 novembre Sparano a Kennedy, il 23 Jacqueline K. Sceglie la tomba all’Arlington National Cemetery. Il lunedì seguente avverranno i funerali. Il 25 novembre, alle ore 9.00, un corteo di circa 250.000 unità si presta a dare l’ultimo saluto alla salma di John Kennedy. (Il video ufficiale a fondo articolo – NOTA: video vietato ai minori di 18 anni).
Un passo indietro
Dopo gli spari di Dallas, un agente di polizia, J.D. Tippit, tenta di fermare un uomo che fugge dall’edificio, adibito come deposito di libri scolastici. L’uomo impugna un fucile, e durante la colluttazione Tippit viene ucciso. Altri agenti, intervenuti sul posto, arrestano l’uomo, fermato principalmente per l’omicidio dell’agente, è dichiarato solo in seguito, anche omicida di Kennedy, ma della seconda imputazione si dichiara innocente.
Il suo nome era Lee H. Oswald
Il recluso, allora 24 enne, viene interrogato, ma il capo dell’FBI, (J.E. Hoveer), decide, inspiegabilmente il suo trasferimento. Alle ore 12.00, sotto i riflettori dei fotografi e di una rete televisiva, mentre ha luogo il trasferimento di Oswald, Jack Ruby (proprietario di un Night Club), sbuca all’improvviso tra i reporter e spara al detenuto. Solo dopo il fermo, dichiarerà di averlo fatto per evitare alla moglie del presidente lo strazio di assistere al processo dell’assassino del marito. Versione che non convinse mai gli inquirenti, che, alla fine, sostennero sempre più forte l’ipotesi di complotto e di collaborazione tra Ruby e Oswald. Possibile, che nessuno si fosse accorto di lui? Sbucato dal nulla, con un’arma in mano per sparare ad un’altra persona?
Chi c’era dietro la morte di JFK? Si trattò davvero del delirio di un personaggio psicotico? O si trattò di una cospirazione? Nell’analizzare i fatti, quest’ultima ipotesi si fece sempre più forte, ma se così fosse, chi c’era dietro questo complotto? Nel vaglio delle ipotesi, ripercorrendo la carriera del leader americano, non c’è dubbio che si possano rilevare gli scontri con la mafia, con Fidel Castro (e la “questione cubana”).
Kennedy sospettava un attentato?
Tuttavia, la Commissione Warren (dal giudice Earl Warren che se ne occupò) presentò già nel ’64, una documentazione in 26 volumi, in cui concludeva che Kennedy era stato ucciso da un folle, un fanatico, Lee Harvey Oswald. A molti sembrò un’archiviazione fatta in fretta e furia. Infatti, c’erano voci, su tutta una serie di ragionevoli dubbi, di documenti ritenuti di poco conto o fatti privi di fondamento, che portavano a credere di più, che a un gesto folle, a qualcosa più vicino a Kennedy, qualcosa che lo stesso aveva cominciato a temere da parecchio tempo.
Fu riportato che la mattina dell’omicidio, Kennedy, durante un colloquio con Kenneth O’Donnell, allora consigliere, disse testuali parole:
”Uccidere un presidente non è difficile (…) basta salire su un edificio alto con un fucile a telescopio e il gioco è fatto” (strano vero?) Perché mai Kennedy avrebbe detto una frase del genere? Si trattava di una frase detta così, a caso, per ironizzare la sorte, oppure Kennedy si aspettava qualcosa di simile? Ebbene sì. Il presidente era certo, che recandosi a Dallas, avrebbe corso un serio pericolo. Ma non è dato sapere.
Negli anni Settanta (‘76-‘78), furono riesaminati tutti i documenti sull’autopsia. Si riscontrarono una gran quantità di controsensi, giungendo all’ipotesi che gli esami non erano stati svolti secondo i normali criteri! Ma la cosa che preoccupò maggiormente, fu che uno dei medici che aveva collaborato all’indagine, dichiarò che non era stato possibile mettere in evidenza il percorso fra i proiettili (inizialmente due), attraverso il corpo del presidente, perché un personaggio molto in vista ed influente, aveva sollevato obiezioni!
Perché mancava il cervello?
Chi era questo personaggio? E come mai, c’è da chiedersi, aveva sollevato una mozione simile? D’altronde un presidente era morto tragicamente e le prove erano importanti. Forse si temeva, che si finisse col riscontrare la malattia che affliggeva cronicamente Kennedy, tenuta sempre segreta? o la paura che si scoprisse effettivamente che l’origine del proiettile non era del tutto estranea a qualcuno a lui più vicino? Al di là di ogni ragionevole dubbio
Insomma, non potendo determinare l’angolazione degli spari, non si poté stabilire, né dare sostegno alla teoria che uno dei due proiettili fosse stato sparato da una diversa prospettiva, né dunque che si trattasse della stessa arma! Inoltre, la tesi più agghiacciante fu rappresentata dai reperti autoptici. Questi, furono consegnati presso la sua segreteria, ma quando anni dopo, nel ’66, furono riesaminati, il cervello mancava! Adesso c’è da chiedersi: cosa ne avrebbe dedotto ognuno di voi? Che cosa c’era da omettere in tal senso? La risposta per qualcuno fu ovvia. Ma lo vedremo in seguito.
La commissione Warren aveva stabilito alla fine, che Kennedy era stato raggiunto da due proiettili, da dietro e dall’alto (collo e testa). Ma Oswald, ne sparò 3. Uno colpì il presidente, uno a vuoto ed uno all’agente Tippit. E il secondo colpo che raggiunse Kennedy? Da dove proveniva? Queste domande ed altre fanno, dunque supporre che Oswald quel giorno non era solo. Data la preoccupazione di una instabilità emotiva o la possibilità di fallire, qualcuno si era tutelato. Al di là di ogni ragionevole dubbio
Quattro colpi
Alla fine degli anni Settanta, spuntò fuori un altro reperto. Un poliziotto, il giorno dell’omicidio, aveva effettuato una registrazione su nastro, che per un difetto tecnico, era rimasto acceso per tutto il corteo. Fu subito archiviato come reperto irrilevante, ma quando anni dopo, venne riesaminato, con una perizia tecnica, e computerizzata, se ne individuarono dei rumori simili a spari e, solo dopo, anche grazie a diverse simulazioni, si concluse che gli spari erano Quattro! Due sicuramente dalla finestra del palazzo dove Oswald era appostato, mentre un altro ad una distanza piuttosto ravvicinata, (i dati riportano frontale destro rispetto all’auto presidenziale). Si ipotizzò che provenissero dalla collinetta che ridava sul percorso del corteo.
(Vedi schema ->)
Le molteplici testimonianze, (impossibile riportarle tutte), vedevano coinvolto chiunque: dall’FBI (in quanto alcuni cittadini sostennero di aver visto agenti sul posto), fino ad arrivare ad ipotesi qualunquiste che intralciavano le indagini. Un tutto contro tutti, dove accuse e smentite altalenanti non facevano altro che rendere la questione ancor più confusa. Ciò che si evinse, chiaramente, si notò solo dal filmato girato da Zapruder, in cui il presidente cade in avanti, non appena raggiunto dal primo colpo che gli ha trafitto il collo e di seguito uno scatto violento all’indietro, in reazione ad un secondo colpo ricevuto. (Video).
Nel 1979 l’ipotesi di cospirazione sembrò più che fondata. L’argomento Kennedy, lungo e vasto, non lascia molto spazio al delirio di un pazzo. Chiunque avrebbe tratto benefici dalla morte di Kennedy. Una commissione speciale della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti dichiarò che, sebbene il Presidente fosse stato indubbiamente ucciso almeno da uno dei colpi di Oswald, le analisi acustiche suggerivano la presenza di un secondo uomo armato. John Fitzgerald Kennedy
Questioni spinose
Ciononostante, questa dichiarazione non servì a smorzare le teorie secondo cui Oswald faceva parte di una cospirazione che coinvolgeva sia agenti della CIA irritati per la gestione del fiasco della Baia dei Porci da parte di Kennedy, sia membri della criminalità organizzata in cerca di vendetta per le incessanti indagini criminali del procuratore generale Robert (Bobby) Kennedy. L’assassinio di Kennedy, il più famoso omicidio politico del XX secolo, rimane una fonte di sconcerto, controversie e speculazioni. Al di là di ogni ragionevole dubbio
John Kennedy era morto, ma il mito era ancora vivo. Sia Robert che Ted si candidarono alla presidenza (rispettivamente nel 1968 e nel 1980). Tuttavia, la parola “tragedia” sarebbe diventata quasi sinonimo di famiglia Kennedy, quando anche Bobby fu assassinato durante la campagna elettorale nel 1968.
Robert, insieme a J jr si dedicò in maniera accanita alla lotta contro la mafia, riuscendo, per un breve periodo, ad allontanare Carlos Marcello, (capo mafia di New Orleans); ma quando rientrò, segretamente, “promettendo vendetta”, un malavitoso pentito, disse ad un’agente dell’FBI:” Kennedy non arriverà alle elezioni del ‘64”! Al di là di ogni ragionevole dubbio
Senza dettagliare cenni storici e biografici, JFK, mosso da una smisurata ambizione e sostenuto da molti, si fece diversi nemici. Non solo con la questione della baia dei porci, ma anche dal conflitto sovietico inerente alla costruzione del muro di Berlino, che vedeva coinvolto il premier sovietico, che tuttavia fece un passo indietro nei confronti del neo Presidente. I fatti, presenti in tutte le sue numerose biografie, mostrano una lista lunga di possibili indiziati. Tuttavia, troppe le supposizioni e i dati marginali .
Elezioni
Nel 1960, JFK, decise di candidarsi alla presidenza. I suoi principali rivali erano i senatori Hubert H. Humphrey del Minnesota e Lyndon B. Johnson del Texas. Nelle elezioni generali, sconfisse di poco il candidato repubblicano, il vicepresidente Richard M. Nixon, con un margine inferiore a 120.000 su circa 70.000.000 voti espressi.
Fu l’uomo più giovane e, il primo cattolico romano mai eletto, alla presidenza degli Stati Uniti. La sua amministrazione è durata 1.037 giorni. Fin dall’inizio si occupò di affari esteri. Nel suo memorabile discorso inaugurale, ha invitato gli americani “a sopportare il peso di una lunga lotta crepuscolare… contro i nemici comuni dell’uomo: la tirannia, la povertà, le malattie e la guerra stessa”. Al di là di ogni ragionevole dubbio
Ha dichiarato:
<<Nella lunga storia del mondo, solo poche generazioni hanno avuto il ruolo di difendere la libertà nell’ora del massimo pericolo. Non mi sottraggo a questa responsabilità, la accolgo con favore … L’energia, la fede, la devozione che portiamo a questo sforzo illumineranno il nostro paese e tutti coloro che lo servono, e il bagliore di quel fuoco può davvero illuminare il mondo. E quindi, miei concittadini americani: non chiedete cosa può fare il vostro paese per voi, chiedete cosa potete fare per il vostro paese>>.
- Kennedy credeva di poter “seppellire” sotto una valanga di voti il suo avversario repubblicano Barry Goldwater ricevendo così un mandato per importanti riforme legislative. Un ostacolo al suo piano era rappresentato da una faida nello Stato natale del vicepresidente Johnson, il Texas, tra il governatore John B. Connally, Jr. e il senatore Ralph Yarborough, entrambi democratici. Per dare una dimostrazione di unità, il presidente decise di visitare lo Stato con entrambi.
Controversie politiche
Sotto gli occhi di milioni di persone accade l’inevitabile. In seguito al decesso di Kennedy, il governatore Connally, sebbene anch’egli gravemente ferito, si riprese. Il vicepresidente Johnson prestò giuramento come presidente alle 14:38.
Di Kennedy e famiglia – da irlandesi arricchiti a congiunti presidenziali – si disse un po’ di tutto, vero o falso che sia, come accade sempre per chi arriva in alto! Si diffuse la notizia post morte, che la Mafia avesse comprato i voti per Kennedy alle elezioni, e che dunque, alla fin fine, fosse colluso con la criminalità organizzata! Le promesse che il neopresidente avrebbe dovuto mantenere erano la liberazione di Cuba da Fidel Castro, dove costui controllava ogni cosa, luogo in cui la mafia era stata cacciata e dove, tra droga, bische e prostituzione, quest’ultima aveva perso un giro d’affari di circa (o forse più) 100 milioni di dollari l’anno. Per non parlare, poi, della gestione delle compagnie petrolifere. John Fitzgerald Kennedy.
La valutazione, dei presupposti, sfociò anche nella considerazione di un duplice omicidio. Sembrerebbe infatti che Oswald, dal passato anonimo e asociale, volesse colpire a morte il governatore John Connally. Anni prima, quando Connally era ministro della marina, pare abbia negato ad Oswald il congedo dal corpo dei Marines, (definendolo come personaggio “indesiderabile”). La motivazione fu dovuta alla cattiva condotta di Oswald, precedentemente arruolato nei Marines come operatore radar, che in seguito fuggì in Russia per un ideale Marxista, dichiarandosi disposto a svelare ai russi i movimenti dei suoi compatrioti.
Oswald chiese, in una lettera, la revoca del su detto provvedimento ma, Connally rifiutò, suscitando, come da fatti, la reazione omicida, da parte di quest’ultimo che pensava gli avrebbe precluso il rientro, ed un posto di lavoro, negli USA. Al di là di ogni ragionevole dubbio
L’epilogo
Jacqueline Kennedy e i suoi due figli si trasferirono dalla Casa Bianca a una casa nel quartiere Georgetown di Washington. Le continue folle di fedeli e curiosi rendevano però impossibile la pace in quel luogo e, nell’estate del 1964, si trasferì a New York. L’inseguimento continuò fino al 20 ottobre 1968, quando sposò Aristotele Onassis, un ricco magnate greco delle spedizioni.
Secondo l’Associated Press, il matrimonio “spezzò l’incantesimo dell’adulazione quasi totale di una donna che era diventata praticamente una leggenda nel suo tempo”. Rimasta vedova di Onassis, l’ex first lady tornò agli occhi del pubblico a metà degli anni ’70 come editrice di libri di alto profilo e rimase tra le donne più ammirate degli Stati Uniti fino alla sua morte, avvenuta nel 1994.
La figlia Caroline, diventata adulta, si dimostrò gelosa della propria privacy; diversamente John Jr. – avvocato come la sorella, elegante e bello come il padre – era un personaggio pubblico e molto noto. Ricordato a lungo come “John-John“, il bambino di tre anni che salutò stoicamente la bara del padre durante la diretta televisiva del corteo funebre. Divenne il fondatore e caporedattore della rivista politica George a metà degli anni Novanta.
Nel 1999, quando John Jr., sua moglie e sua cognata morirono nell’incidente dell’aereo privato che stava pilotando, l’evento fu al centro di un’attenzione mediatica internazionale che dimostrò ulteriormente l’immortalità mistica dei Kennedy. Fu l’ennesimo capitolo della “maledizione“ della famiglia.
Certo è che, quel venerdì, del 22 novembre del 1963, recandosi a Dallas, Nellie Connally – moglie del governatore – non avrebbe potuto immaginare che, tra gli applausi e il clamore della gente, le sue parole tristemente sibilline, sarebbero state le ultime dette a JFK: “Non potete certo dire che Dallas non vi ami “!
Al di là di ogni ragionevole dubbio