A volte piccole discussioni tra coinquilini, apparentemente insignificanti, possono trasformarsi in vere e proprie tragedie. È forse il caso dell’omicidio di Lecce dove hanno perso la vita l’arbitro Daniele De Santis ed Eleonora Manta. Uccisi lunedì 21 settembre con 60 coltellate dal ventunenne Antonio De Marco che ha confessato il delitto davanti al procuratore Leonardo Leone De Castris. Oppure è un assassinio premeditato da un killer con assoluta assenza di compassione o pietà verso il prossimo. Sono queste le motivazioni per le quali la procura di Lecce ha fermato il giovane infermiere e procede alla ricostruzione del crimine.
La motivazione alla base dell’omicidio di Lecce
Infatti grazie all’analisi dei telefoni cellulari gli investigatori hanno rimesso insieme i contatti del probabile assassino con le due vittime. Il 6 luglio Antonio De Marco, che studia come infermiere, scrive all’arbitro per chiedere la disponibilità della stanza dove ha già alloggiato l’anno precedente. Tuttavia Daniele De Santis decide di non rinnovare il contratto al giovane e di tenere l’appartamento per sé e la fidanzata. Su whatsapp De Santis comunica dunque ad Eleonora la richiesta appena ricevuta, e i due commentano con una risata. Segue uno scambio di battute che sembrano alludere alla volontà dei due di deridere il ragazzo. In riguardo ad un possibile episodio accaduto durante la sua precedente permanenza in quella casa. È forse questo motivo che ha fatto esplodere la furia omicida di Antonio De Marco? Per vendicarsi di questo rifiuto e delle incomprensioni dovute all’esperienza di convivenza?
Un delitto pianificato in ogni dettaglio
Riguardo al movente lascia molto pensare un post che tre giorni prima di scrivere a De Santis il giovane aspirante infermiere condivide sui social. Precisamente dalla pagina facebook Universo Psicologia commenta una frase sul concetto di vendetta:
“Un piatto da servire freddo… È vero che la vendetta non risolve il problema ma per pochi istanti ti senti soddisfatto”.
Questo proverebbe la premeditazione e a rafforzare questa ipotesi ci sono dei bigliettini manoscritti persi durante la fuga dall’assassino. Dove è descritto con agghiacciante meticolosità la mappa con il percorso da seguire per evitare le telecamere. La premeditazione del delitto secondo la procura risulta comprovata dagli oggetti ritrovati sul luogo del delitto. In particolare il cappuccio su cui il killer ha dipinto un sorriso e delle striscette stringi tubo. Strumenti che sarebbero serviti a torturare ed uccidere le vittime con spietata freddezza.
Le convinzioni degli investigatori
Inoltre lascia molto da pensare la sproporzione tra la motivazione del gesto e l’azione delittuosa. È un ulteriore elemento tale da far ritenere che quest’ultima è avvenuta per puro compiacimento sadico. Infine ci sono le testimonianze di cinque studenti, che abitano nei pressi del luogo del delitto, concordano di aver sentito chiaramente De Santis urlare:
“Ti prego Andrea basta! Fermati, basta”!
Queste ripetute invocazioni a fermarsi urlate dalle vittime non hanno bloccato l’assassino dal perpetrare i suoi piani. Di questo sono convinti anche gli investigatori che lo scrivono nelle 26 pagine della ricostruzione di quella tragica notte. Andrea Starace, avvocato di Antonio De Marco, ha ultimamente dichiarato che si aspetta nella prossima settimana nuovi dettagli per fare maggiore chiarezza sull’omicidio.