Casi di coronavirus tra gli infermieri, è allarme

Casi di coronavirus tra gli infermieri, è allarme

ROMA – Casi di coronavirus tra gli infermieri, è allarme. Parla il presidente nazionale del Nursing Up, sindacato infermieri italiani, Antonio De Palma. E lo fa a poche settimane dalla manifestazione generale del Circo Massimo organizzata per il 15 ottobre, a cui aderiranno numerose altre associazioni infermieristiche e soprattutto a cui prenderanno parte colleghi da tutta Italia.

Proprio così. De Palma, seppur in un clima di amarezza per l’indifferenza di un Governo che ha portato all’estrema conseguenza della proclamazione di uno sciopero per il 2 novembre prossimo, sente di voler e dover rivolgere un nuovo appello alle “parti in gioco”.

«Al nostro Ministro della Salute, agli esponenti del Governo, alle Regioni, alla Fnopi, che si prodiga di farci sapere che siamo arrivati a 15 mila infermieri infetti dall’inizio della pandemia, di cui 41 deceduti (dati ufficiali ma non dimentichiamo il sommerso…), noi rivolgiamo ancora oggi l’ennesimo appello al confronto e alla collaborazione concreta. Le diverse posizioni, i differenti ruoli, non possono essere sinonimo di obiettivi differenti quando in gioco c’è la salute degli italiani».

Casi di coronavirus tra gli infermieri, è allarme

E non è finita qui. De Palma, infatti, aggiunge poi quanto segue:

«Non basta proclamare il costante aumento di casi di contagio. Adesso, con un incremento degli infermieri infetti che, sfortunatamente, coinvolge regioni potenzialmente più deboli come la Campania, non possiamo permetterci di voltarci le spalle a vicenda, cosa che gli infermieri per la verità non hanno mai fatto, in nome della strenua difesa della propria “missione giornaliera”. Noi infermieri siamo pronti».

Una proposta concreta potrebbe essere quella di convocare urgentemente gli Stati Generali degli Infermieri “con tutte le parti in causa”. Cioè quelle consone ad agire e a prendere decisioni. Vedremo. Per De Palma «se non si chiede la collaborazione dei sindacati allora si rinuncia ad una leva indispensabile, perché la battaglia della quale parliamo si combatte negli ospedali e non altrove».