Granitico nella sua immagine vestito di nero, per Germano Celant non è un vezzo o una divisa ma una seconda pelle dal gusto americano. Un geniale critico dell’arte ma anche popolare curatore di splendidi volumi su: Claes Oldenburg, Dennis Oppenheim, Louise Nevelson, Christo. È lui il creatore dell’Arte Povera, il movimento culturale che raccoglie negli anni Sessanta, forse tra i più importanti della seconda metà del Novecento.
Il gruppo dei poveristi di Germano Celant
Pistoletto, Anselmo, Zorio, Penone, Boetti, Paolini, Pascali, Kounellis, Gilardi ed altri, si sono riconosciuti sotto questa etichetta forgiata da Germano Celant. Che tuttavia rappresenta anche un’acuta operazione di marketing estetico e culturale. Infatti questo lo possiamo intuire immergendoci nelle parole del suo libro Arte Povera: Appunti per una guerriglia (1967):
“Ognuno può criticare, violentare, demistificare e proporre riforme, deve rimanere però nel sistema, non gli è permesso di essere libero. Creato un oggetto vi si accompagna. Il sistema ordina così. Uscire dal sistema vuoi dire rivoluzione. Così l’artista, novello giullare, soddisfa i consumi raffinati, produce oggetti per i palati colti”.
In poche frasi il critico scolpisce con formidabile perfezione il fermento del panorama artistico di quegli anni, con un chiaro riferimento ad una polemica sociale. Disegnando quella che è la vera rivoluzione di opere e azioni povere, cioè superare la logica della rappresentazione per offrirsi agli occhi del pubblico pura.
Una attività prolifica
Con questa idea essenziale Celant parte da Genova, dove nasce, per conquistare l’America. Infatti a partire dal 1977, anno in cui viene chiamato al Guggenheim di New York, ad oggi diventa una delle personalità di spicco dell’ambiente artistico. Non dobbiamo perciò sorprenderci se negli ultimi quattro decenni ha contribuito a edificare il sistema dell’arte come lo conosciamo oggi. Tutta la sua carriera è configurata sotto il segno della spettacolarità oltre che della ricerca, e lo testimoniano le sue innumerevoli mostre. Da quella cruciale alla Galleria La Bertesca di Genova che da i natali al movimento dell’Arte Povera fino alla retrospettiva di Emilio Vedova a Milano. Passando da The Knot. Arte Povera a New York che lancia il movimento negli Stati Uniti, la Biennale di Venezia del 1997. La sua laboriosità lo rende oggi l’indimenticabile maestro spirituale di una intera generazione di curatori e critici d’arte.