Leonarda Cianciulli la saponificatrice di Correggio

Leonarda Cianciulli la saponificatrice di Correggio

Un grosso pentolone sul fuoco, all’interno una poltiglia vischiosa e gorgogliante che spande effluvi in tutto l’ambiente; sul tavolo, arnesi vari. A primo impatto, sembrerebbe la descrizione del laboratorio di un qualche artigiano, o di un mago e alchimista. Invece, la cucina di Leonarda Cianciulli era diventata il macabro antro dove si svolgeva un rituale di morte che, in seguito, avrebbe scioccato l’opinione pubblica italiana, consacrando la donna alla storia come la “saponificatrice di Correggio”.

Leonarda era nata sotto il segno della violenza. Nel 1894, infatti, sua madre, Emilia Di Nolfi,. la diede alla luce, dopo essere rimasta incinta a seguito di uno stupro subito da un suo compaesano di Montella, provincia di Avellino. Per venire incontro alle rigide norme sociali di quei tempi, i due si sposarono,. ma Emilia non riusciva ad amare quella figlia fondamentalmente indesiderata, perché frutto di un abuso. Anche in seguito, quando la madre si risposò dopo la morte del primo marito,. Leonarda continuò a essere messa da parte, emarginata rispetto agli altri figli che la signora Emilia ebbe da un secondo matrimonio.

Leonarda Cianciulli: una vita segnata dalla tragedia

Notti tormentate da ricorrenti incubi persecutori, occasionali crisi epilettiche, due tentativi di suicidio… non si può certo dire che l’infanzia e la prima giovinezza di Leonarda furono tutte rose e fiori. Tuttavia, a riscatto di una tale sequela di disagi e sofferenze,. gli anni della scuola segnarono per lei una sorta di rinascita:. apprezzata dalle compagne per il suo carattere allegro – nonostante tutto – e la sua indole ciarliera, Leonarda sviluppò una sorta di “intraprendenza” .che la portava ad amoreggiare coi ragazzi, ammantandola di un appeal disinibito.

Nel 1917, a ventitré anni, sposò Raffaele Pansardi, impiegato all’Ufficio del registro. Ma… apriti cielo! Per sposare Raffaele, Leonarda si ribellò al volere della madre, .che era invece intenzionata a farla sposare con un cugino. Così, come regalo di nozze,. Leonarda ricevette la disapprovazione di sua madre, che non solo non si presentò in chiesa il fatidico giorno, ma addirittura le scagliò addosso una maledizione! Un anatema che avrebbe segnato indelebilmente la vita di Leonarda;. anzi, marcando su di essa un’impronta rosso sangue.

Poco tempo dopo, Emilia Di Nolfi morì, ma non abbandonò mai del tutto la figlia, tornando periodicamente a tormentarla con incubi spaventosi, dove la accusava di averle provocato solo sofferenze e di averla fatta morire di crepacuore.***

Leonarda si convinse sempre più che quel fatidico malocchio materno fosse la causa dei nuovi dispiaceri .che ora si abbattevano su di lei e sul suo matrimonio. Rimase incinta per ben dodici volte,. ma sistematicamente i suoi figli non videro la luce, oppure morirono precocemente. Non è difficile immaginare come tutto questo si ripercuotesse sulla mente. morbosa e paranoide di Leonarda, che prese a frequentare spiritiste, magare e guaritrici per ottenere consulti e aiuti concreti. Magia o no,. gli ultimi quattro figli della coppia, Giuseppe, Bernardo, Biagio e Norma, crebbero senza problemi. Finalmente un sollievo per Leonarda, che credeva di aver placato lo spirito persecutorio di sua madre.

Nuove preoccupazioni, però, si profilarono all’orizzonte, stavolta di ben altra portata: il terremoto in Irpinia. del 1930 distrusse la sua casa, mandando così sul lastrico la famiglia Pansardi, che si trasferì a Correggio, non molto distante da Reggio Emilia. Lo shock subìto, il trasferimento. e il cambio del contesto sociale portarono indubbiamente. uno sconquassamento nella famiglia di Leonarda: suo marito iniziò a comportarsi da nullafacente, senza impegnarsi a trovare un nuovo lavoro,. e a frequentare le taverne sempre più assiduamente. Questa situazione non poteva certo durare, e lambiccandosi il cervello per trovare un modo di rimettersi in piedi, Leonarda si ricordò di tutto quello che aveva imparato bazzicando le alcove di maghe e cartomanti… Bene, aveva deciso: ora toccava a lei avviare un suo business nel “mondo” dell’occulto e dei suoi misteri!


Leonarda Cianciulli

***


Si fece ben presto una solida reputazione come cartomante ed esperta nel debellare malocchi e fatture, e la sua casa divenne un viavai di clienti (paganti, s’intende!) che non potevano più fare a meno dei suoi consulti. Ormai i soldi non mancavano più, tant’è che Leonarda mandò il primogenito Giuseppe all’università, gli altri due figli al ginnasio e la figlioletta all’asilo.

Un giorno suo marito Raffaele, ormai alcolista, al culmine dell’ennesima lite piantò in asso tutti, andandosene via per sempre. Liberatasi di quella palla al piede, la risoluta donna diede un’ulteriore svolta alla sua vita, cambiando casa e assumendo persino una domestica.

Purtroppo, Leonarda sperimentò sulla propria pelle che, a volte, il passato non è mai davvero “morto e sepolto”. Come un fulmine a ciel sereno, del tutto inaspettatamente, la madre di Leonarda le riapparve in sogno, minacciosa e spaventosa com’era sempre stata! Nonostante che la ruota della fortuna avesse finalmente iniziato a girare in suo favore e le cose andassero bene, lei non aveva mai smesso veramente di stare in pensiero per i suoi figli, in particolare per Giuseppe, da sempre il suo pupillo. Erano la sua fissazione, e questi nuovi incubi la gettarono nuovamente in un’ansietà che presto scivolò nel panico.

Quale poteva essere, stavolta, il pericolo imminente? L’Italia era entrata a gamba tesa nella Grande Guerra; forse una chiamata alle armi? La sua fervida, incontrollata e catastrofica immaginazione le delineò subito lo scenario: Giuseppe chiamato a imbracciare il fucile e l’arrivo di una missiva che le annunciava la sua caduta sul campo di battaglia. No, mai! Non poteva permetterlo, doveva impedirlo a tutti i costi!

Il primo omicidio di Leonarda Cianciulli

A portarle sollievo e consiglio, stavolta non fu un incubo, ma addirittura la Madonna che, in un sogno, cullava in grembo un bimbo nero e le suggeriva di sacrificare la vita di tre persone per salvare quella dei suoi amatissimi figli. Uccidere?! La sola idea sembrava intollerabile e Leonarda la ricacciò indietro, nei recessi della coscienza. Ben presto, però, tornò strisciante a solleticarla, persuasiva e coercitiva. Uccidere… uccidere per il bene dei suoi figli. Se lo diceva la Vergine Maria, evidentemente era quello l’unico modo e la sola strada da seguire. Sì, il suo cuore di madre le avrebbe fatto oltrepassare la più dogmatica linea di confine, il punto di non ritorno: avrebbe ucciso!

Dopo i primi tentennamenti, il suo innato senso pratico prese il sopravvento e Leonarda pensò subito di “attingere” al suo capiente bacino di clienti alle quali leggeva le carte. La vittima ideale doveva essere sola, senza legami o parentele strette che avrebbero potuto causare problemi, e la settantenne Faustina Setti pareva rispondere appieno a questi criteri.

Faustina era alla ricerca dell’amore di un uomo onesto e accudente con cui condividere gli anni della vecchiaia, e Leonarda la convinse che il partito ideale poteva essere un brav’uomo di Pola, in cerca di una compagna. Faustina si lasciò subito convincere dalle doti suasive di Leonarda, il cui intuito era certamente affinato dalla padronanza delle arti magiche. Tutto era già predisposto e, per iniziare la sua nuova vita, Faustina non avrebbe dovuto fare altro che vendere la casa, non rivelare assolutamente alle amiche il suo progetto (l’invidia è una brutta bestia!) e partire per Pola.

***

Il 18 dicembre 1939 Faustina Setti si recò da Leonarda per salutarla un’ultima volta prima della partenza. Affabile come sempre, la padrona di casa la fece accomodare al tavolo della cucina per aiutarla a scrivere una lettera dove salutava le amiche, lettera che poi avrebbe dovuto spedire proprio da Pola. Faustina non poteva certo immaginare che quel sogno a occhi aperti fosse, in realtà, un appuntamento con la morte! Leonarda si allontanò per un momento con una banale scusa e tornò di soppiatto alle spalle di Faustina, impugnando una scure con cui le spaccò la testa con un colpo forte e secco, degno del boia più esperto.

Tutto era stato minuziosamente organizzato, e Leonarda si adoperò subito a far sparire il corpo, che smembrò in nove pezzi: i più grossi furono gettati in un pentolone capiente insieme a cinque chili di soda caustica. Una volta diventato poltiglia, quel che restava della povera Faustina fu svuotato nel pozzo nero che Leonarda usava come discarica casalinga.

Siccome la sua prosaica mentalità le faceva disdegnare ogni sorta di spreco, Leonarda decise di usare il sangue raccolto di Faustina in una maniera certamente “creativa”: lo fece coagulare, seccare in forno e, mischiatolo con cioccolato e altri ingredienti, lo usò per farne dei pasticcini che offrì poi alle sue ignare amiche.

Francesca Soavi e Virginia Cacioppo

Leonarda mandò suo figlio Giuseppe, allora ventenne, a Pola a imbucare la finta lettera di Faustina alle amiche, in modo che la sua repentina scomparsa non destasse troppe perplessità. In seguito, durante il processo, questo e altri comportamenti del ragazzo avrebbero sollevato dubbi sul suo presunto ruolo avuto negli omicidi. Ma la missione salvifica di Leonarda per i suoi figli non era finita, perché oltre alle “direttive” che le aveva impartito la Madonna in sogno, anche la madre era tornata con incubi angosciosi a chiederle ancora un tributo di sangue.

Non fu difficile per Leonarda individuare tra le sue amiche e clienti altre due vittime sacrificali, e la scelta cadde su Francesca Soavi e Virginia Cacioppo, entrambe quasi sessantenni. Lo stratagemma usato da Leonarda fu lo stesso, cioè ingolosire le ignare signore con l’allettante prospettiva di un cambio di vita.

***

Nel caso della signora Soavi, che lavorava saltuariamente come maestra in proprio, l’esca che la attirò nella trappola fu la promessa di farle trovare lavoro stabile come insegnante presso un collegio a Piacenza. Attrice nata, Leonarda le fece credere di essere amica di un prete piacentino direttore di questo fantomatico collegio, che sicuramente l’avrebbe assunta. Così come fu per Faustina, anche Francesca vendette casa e mobilio, poiché i soldi guadagnati le avrebbero permesso di sostentarsi durante i primi tempi a Piacenza.

Il 5 settembre 1940 anche la vita di Francesca Soavi fu brutalmente spezzata in casa di Leonarda: un colpo di scure e lo smembramento del corpo la cancellarono via per sempre. Stavolta, Leonarda dovette addirittura tagliare la testa della sventurata, perché il suo corpo massiccio non voleva saperne di entrare nel pentolone! Secondo la testimonianza della nuova domestica di Leonarda, Nella Barigazzi, l’assassina infilò la testa di Francesca in una busta che poi diede al figlio Giuseppe, perché la facesse sparire.


***

Virginia Cacioppo, la terza vittima, non andò mai a lavorare in un teatro a Firenze – in gioventù era stata una cantante lirica – come le aveva garantito Leonarda col suo fare gagliardo e convincente. Anch’essa conobbe la scure, il pentolone e il pozzo nero, dove raggiunse i resti liquefatti di Faustina e Francesca che c’erano finite dentro prima di lei. Virginia era una donna corpulenta e notevolmente sovrappeso, e tutto il suo grasso fu sfruttato dalla Cianciulli in modo “redditizio”: servì per preparare saponette e candele che furono regalate e distribuite qua e là. Tutto questo accadeva soli due mesi dopo l’uccisione di Faustina Soavi.

Bene, tre vite erano state immolate per la salvezza dei suoi figli; ora Leonarda sperava che la sua devozione alla Vergine Maria e l’ubbidienza verso sua madre che continuava ad imporsi perfino dall’Aldilà, le avrebbero permesso di riprendere la sua vita tranquilla. Ma il piano concepito e gli omicidi commessi erano in verità a dir poco diabolici, e il Diavolo, com’è noto, si diverte a metterci la coda.

Leonarda aveva nascosto alcuni gioielli sottratti a Virginia all’interno di un mattone cavo che consegnò a un suo rigattiere fidato, e sul momento non pensò di certo che questo avrebbe lasciato una traccia del suo operato delittuoso. In più, Virginia non aveva mantenuto il riserbo circa la sua imminente partenza per Firenze, spifferando tutto a sua cognata Albertina Fanti, residente a Napoli. Quest’ultima, non avendo avuto più notizie da parte di Virginia, che anzi, sembrava essersi letteralmente volatilizzata, si recò dai carabinieri di Correggio per denunciarne la scomparsa. La signora Fanti, non ottenendo né un riscontro, né un intervento sollecito nemmeno del comandante dei carabinieri, decise, insieme alle amiche delle altre due donne sparite, di rivolgersi al commissario Federico Serrao di Reggio Emilia.


Leonarda Cianciulli in uno doc. Rai 3
***

Stavolta qualcosa si mosse, perché Serrao ritenne fondate le preoccupazioni di Albertina Fanti e delle altre donne implicate nella denuncia, e avviò un’inchiesta. Fin dall’inizio saltò subito all’occhio che le tre signore scomparse avevano un comune denominatore che le accomunava: l’amicizia e la frequentazione con Leonarda Cianciulli. Durante le indagini spuntò fuori anche un buono del tesoro appartenuto alla Cacioppo e che finì nelle mani del rigattiere Abelardo Spinabelli, il quale lo aveva ricevuto in pagamento da Leonarda Cianciulli.

A sua volta, questo buono era stato ceduto a don Adelmo Frattini, parroco di San Giorgio a Correggio, che, ignaro, si era recato in banca per cambiarlo in denaro contante. Anche questa pista portava alla Cianciulli e la domanda sorgeva spontanea: come poteva, la donna, possedere un buono appartenuto a Virginia Cacioppo? Le manette scattarono ai polsi di tutti e tre, ma in seguito sia Spinabelli sia don Frattini furono scarcerati, in quanto palesemente estranei a quelle sparizioni sospette.

***

La prova regina non tardò ad arrivare, perché proprio Abelardo Spinabelli si ricordò del mattone che aveva ricevuto in deposito tempo addietro da Leonarda. La polizia lo requisì, lo ruppe e, come un fatidico vaso di Pandora, esso rivelò un contenuto fatale: i gioielli di Virginia Cacioppo!

Ovviamente, l’abitazione della Cianciulli fu rivoltata come un calzino, e nel marzo del 1941, durante una perquisizione, furono ritrovati anche i vestiti di Virginia Cacioppo. Tutti i dinieghi e i respingimenti delle accuse non servirono ad allentare la morsa che sempre più si stringeva intorno a Leonarda, fino a quando il commissario Serrao non interrogò suo figlio Giuseppe, che ammise di aver spedito le cartoline di due delle vittime.

Giuseppe fu prontamente arrestato, e questo gettò nel panico sua madre. Aveva fatto di tutto per proteggerlo da ogni pericolo e malasorte, arrivando persino a uccidere; non poteva permettere che ci rimettesse anche lui in quella storia, e così confessò i delitti.

***

Fu durante il processo, iniziato nel giugno del ’46 a Reggio Emilia, che si creò il mito nero della “saponificatrice di Correggio”, .inserendo Leonarda Cianciulli nella lista dei serial killer più iconici della cronaca italiana, occupando un posto di rilievo nell’immaginario collettivo che resiste ancora oggi.

All’inizio, nel probabile tentativo di “alleggerire” le sue responsabilità, la donna indicò il rigattiere Spinabelli. come suo complice. Il poverino fu nuovamente arrestato, ma riuscì presto a dimostrare la sua innocenza, stavolta definitivamente. Messa nuovamente alle strette, la Cianciulli raccontò .dettagliatamente la .modalità con cui si svolse la mattanza delle tre sventurate, indulgendo in quei particolari grotteschi – come il sangue messo nell’impasto per dolci o le ossa bollite nella soda caustica per farne del sapone. – che l’avrebbero appunto proiettata nel mito.

La fine di una storia travagliata

Ogni volta che l’accusa chiamava in causa Giuseppe, additandolo come complice di sua madre,. la quale non avrebbe potuto uccidere e sezionare i corpi da sola e in così poco tempo, .Leonarda si accalorava e giurava con veemenza che suo figlio non c’entrava nulla. «Lui è innocente! Torturatemi, fatemi a pezzi se volete, ma io ripeterò fino alla morte che ho fatto tutto da sola. Giuseppe è innocente, sono io il mostro, io la saponificatrice, io la strega. Risparmiate un innocente, quel figlio per la cui salvezza ho fatto tutto questo!».

Tali affermazioni spalancavano le porte del dubbio: l’imputata aveva ucciso lucidamente e si era impossessata .dei beni delle vittime per becera venalità, oppure l’aveva fatto guidata – e allo stesso tempo accecata – dai suoi deliri? Su questo piano obliquo e scivoloso dibattevano il procuratore generale e la difesa, che puntava tutte le sue carte sulla tesi dell’infermità mentale.


Leonarda Cianciulli davanti al giudice (autore)
***

Leggenda vuole che a Leonarda fu data anche la possibilità di “operare” sul cadavere di un vagabondo, .alfine di dimostrare empiricamente di aver agito senza la complicità di nessuno. Condotta all’obitorio, avrebbe svolto l’operazione in soli dodici minuti, contraddicendo l’opinione di un esperto,. secondo cui un procedimento simile avrebbe richiesto almeno un’ora e tre quarti di tempo.

Ciononostante, la pubblica accusa si dimostrò irremovibile: la donna era capace di intendere e di volere e andava duramente giudicata per questo. Entrò in campo anche l’illustre psichiatra Filippo Saporito, che tenne Leonarda sotto osservazione per mesi nel suo ospedale psichiatrico di Aversa. Alla fine la valutò incapace di intendere e di volere, diagnosticandole un’isteria aggravata da un istinto materno morboso fino al parossismo.

Il verdetto giunse severo e implacabile: la Cianciulli fu condannata a trent’anni di carcere e al ricovero per tre anni in un manicomio criminale. Suo figlio Giuseppe, dopo una carcerazione durata cinque anni, fu infine assolto per mancanza di prove. A differenza dei suoi fratelli e di sua sorella, restò, per quanto possibile, vicino a sua madre.

Leonarda Cianciulli scontò ventiquattro anni di carcere tra i manicomi criminali di Aversa prima e Pozzuoli poi. Durante la reclusione non rinunciò ad alcune sue abitudini e passatempi, mettendosi a leggere le carte alle compagne di cella. Un giorno, facendole a se stessa, vaticinò che sarebbe tornata libera nel 1970. A posteriori, quella predizione si sarebbe rivelata in qualche modo esatta, quando il 15 ottobre del ‘70, un ictus le chiuse gli occhi per sempre.

Leonarda Cianciulli, la serial Killer più conosciuta in Italia.