Gli interruttori genici e i tipi di cellule cerebrali, associati a schizofrenia, disturbo bipolare, malattia di Alzheimer e depressione maggiore, mappati da un team di ricercatori, offre uno sguardo senza precedenti sui disturbi neuropsichiatrici.
In un ampio sforzo multi-istituzionale guidato dall’Università della California San Diego, i ricercatori hanno analizzato più di un milione di cellule cerebrali umane per produrre mappe dettagliate degli interruttori genici nei tipi di cellule cerebrali e hanno rivelato i legami tra tipi specifici di cellule e vari disturbi neuropsichiatrici comuni. Il team ha anche sviluppato strumenti di intelligenza artificiale per prevedere l’influenza di singole varianti geniche ad alto rischio tra queste cellule e il modo in cui possono contribuire alla malattia.
Analisi di più di un milione di cellule cerebrali umane per rivelare collegamenti tra tipi specifici di cellule e vari disturbi neuropsichiatrici comuni
Il nuovo lavoro, pubblicato il 13 ottobre 2023, fa parte della Brain Research Through Advancing Innovative Neurotechnologies Initiative del National Institute of Health, o BRAIN Initiative, lanciata nel 2014. L’iniziativa mira a rivoluzionare la comprensione del cervello dei mammiferi, in parte, attraverso lo sviluppo di nuove neurotecnologie per la caratterizzazione dei tipi di cellule neurali.
Ogni cellula del cervello umano contiene la stessa sequenza di DNA, ma i diversi tipi di cellule utilizzano geni diversi e in quantità diverse. Questa variazione produce molti tipi diversi di cellule cerebrali e contribuisce alla complessità dei circuiti neurali. Imparare a capire come questi tipi di cellule differiscono a livello molecolare è fondamentale per comprendere il funzionamento del cervello e sviluppare nuovi modi per trattare le malattie neuropsichiatriche.
“Il cervello umano non è omogeneo”, spiega l’autore senior Bing Ren, PhD, professore alla UC San Diego School of Medicine. “È costituito da una rete enormemente complessa di neuroni e cellule non neuronali, ognuna delle quali svolge funzioni diverse. Mappare i diversi tipi di cellule del cervello e capire come lavorano insieme ci aiuterà in ultima analisi a scoprire nuove terapie in grado di colpire singoli tipi di cellule rilevanti per specifiche malattie”.
Lo studio
Nel nuovo studio, i ricercatori hanno analizzato più di 1,1 milioni di cellule cerebrali in 42 regioni cerebrali distinte di tre cervelli umani. Hanno identificato 107 diversi sottotipi di cellule cerebrali e sono stati in grado di correlare aspetti della loro biologia molecolare a un’ampia gamma di malattie neuropsichiatriche, tra cui la schizofrenia, il disturbo bipolare, il morbo di Alzheimer e la depressione maggiore. In seguito gli studiosi hanno utilizzato questi dati per creare modelli di apprendimento automatico per prevedere come determinate variazioni di sequenza nel DNA possano influenzare la regolazione genica e contribuire alla malattia.
Sebbene questi nuovi risultati offrano una visione significativa del cervello umano e della sua patologia, gli scienziati sono ancora lontani dall’aver finito di mappare il cervello. Nel 2022, l’UC San Diego si è unita al Salk Institute e ad altri per lanciare un Centro per l’Atlante Multiomico delle Cellule Cerebrali Umane, che mira a studiare le cellule di oltre una dozzina di cervelli umani e a porre domande su come il cervello cambia durante lo sviluppo, nel corso della vita delle persone e con le malattie.
“Scalare il nostro lavoro a un livello di dettaglio ancora maggiore su un numero maggiore di cervelli ci porterà un passo più vicino alla comprensione della biologia dei disturbi neuropsichiatrici e di come sia possibile riabilitarli”, dichiara Ren.
Autori
Tra gli autori dello studio figurano: Yang Eric Li, Sebastian Preissl, Michael Miller, Zihan Wang, Henry Jiao, Chenxu Zhu, Zhaoning Wang, Yang Xie, Olivier Poirion, Colin Kern, Lin Lin, Qian Yang, Quan Zhu, Nathan Zemke, Sarah Espinoza, Jingbo Shang e Allen Wang presso la UC San Diego, Nicholas D. Johnson Antonio Pinto-Duarte, Wei Tian Nora Emerson, Julia Osteen, Jacinta Lucero, M. Margarita Behrens e Joseph R. Ecker presso il Salk Institute for Biological Studies, Kimberly Silett e Sten Linnarsson presso il Karolinksa Institute Anna Marie Yanny, Julie Nyhus, Nick Dee, Tamara Casper, Nadiya Shapovalova, Daniel Hirschstein, Rebecca D. Hodge Trygve Bakken, Boaz Levi e Ed Lein presso l’Allen Institute of Brain Science e C. Dirk Keene presso la University of Washington Seattle.
Lo studio è stato finanziato dal National Institutes of Health (sovvenzioni UM1MH130994, U01MH114812, U54HG012510 e S10 OD026929), dalla National Science Foundation (sovvenzione OIA-2040727), dal Nancy and Buster Alford Endowment, dalla Life Sciences Research Foundation e da donazioni di Google, Adobe e Teradata.