Sindrome del Vittimismo e Ancore di Salvezza
Qualche tempo fa, scrissi un articolo sul dolore dell’anima. Un pezzo che potrei definire “parte” integrante della mia vita, del mio essere, del mio cammino, dei miei studi. Un articolo che riassumeva, il concetto dell’anima come la parte più pura di noi, ma soprattutto come prendersene cura perché, che ci si creda o no, il primo passo verso la conoscenza di sé è seguire l’anima, vedere naturalmente dove ci porta e … curarla. Ma soprattutto, come evitare di essere solo ancore di salvezza.
Mi è stato chiesto di approfondire, ripetere e, dedicare delle parole specifiche all’argomento. Il punto è che se qualcuno “soffre” profondamente, spesso è consigliabile rivolgersi a un professionista e – al costo di sembrare controproducente verso me stessa –soprattutto dare meno adito a tante chiacchiere infondate e fuorvianti, che la rete offre come souvenir sulle varie piattaforme. Intendo dire che molti articoli presenti online, sono fatti bene e offrono alle persone spunti di riflessione, aiuto e supporto.
Tuttavia, se ci sono persone che hanno gravi problemi di ansia, depressione, panico e così via, finiscono per aggrovigliarsi in una rete fitta di sciocchezze e, di conseguenza, rientrare in palliativi che – a lungo andare – finiscono solo per peggiorare la situazione. Insomma, “il medico di te stesso” va bene fino a quando il problema è piccolo e circoscritto.
Mi spiego: Se hai un’appendicite in procinto di scoppiare, non puoi operarti da solo! Ad ogni modo, pur esponendo opinioni opinabili e arbitrarie, oggi ho deciso di scrivere qualche riga su un argomento che, da qualche tempo, in modo e maniera differenti si ripropongono a catena di montaggio, dal web, ai social e … anche nei “racconti dal vicinato”!
Sindrome del Vittimismo: seguite l’istinto!
Innanzi tutto, lasciatemi dire francamente una cosa, che forse è più un doveroso appello – una richiesta un po’ inconsueta – che deriva da fatti, racconti, confidenze e così via rivolte a me, direttamente e non:
“Salvate” le persone indipendenti e con un carattere forte! ..
Sì, avete letto bene! Non sono impazzita e, non ho commesso nessun errore di battitura! Parto dal presupposto che il mio desiderio, un po’ fuori dagli schemi, è di fornire una prospettiva diversa da cui osservare le cose.
La maggior parte di noi, almeno quelli dotati di una coscienza, sono sempre ben predisposti verso coloro che soffrono; oppure, nei confronti di un amico o un familiare in difficoltà, giusto?
Premetto da subito che non vi sto suggerendo di fare il contrario! Lungi da me, incoraggiare qualcuno verso l’egoismo! Penso però, che se la gente imparasse a essere più altruista, (parlo in generale), il mondo intero ne trarrebbe enormi benefici … ma in tal senso, la strada è ancora lunga.
Il punto della situazione.
Molti hanno un amico o, un parente … (che sia) … PESANTE, (spesso definito “piattola” o con un qualunque termine voi lo esprimiate), una persona cioè che per ogni minima cosa fa affidamento su di voi, solo perché siete forti, perché sapete ascoltare, o perché siete abili nel risolvere situazioni incresciose o difficili! E … soprattutto, perché – per tacito consenso – vi prendete pure colpe che non avete! Assorbite di tutto! passate dalla “sindrome della crocerossina” a “martire silenzioso” in uno schiocco di dita. Non va bene.
Se capita, v’impegnate a dare buoni consigli; oppure opinioni “richieste” che puntualmente, non sono mai prese in considerazione. Perché? Perché l’obiettivo del consultante non è quello … ma ci arriveremo.
Inoltre, riuscite a intuire immediatamente se lui o lei ha qualche problema … e subito vi fiondate all’ascolto e all’aiuto … e questo vi fa onore. Perché denota che voi siete persone empatiche … ma attenzione: l’empatia è un’arma carica!
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Tuttavia, mentre voi siete “persone” sacrificali indotte, questi individui, sono convinti, per il solo fatto che sembrate sicuri di voi stessi (o perché nonostante tutto sorridete sempre), che non abbiate mai problemi … e, anche se ne avete, magari pensano che ve li lasciate scivolare di dosso, che rabbia e delusione siano sentimenti che proprio non vi appartengono ... Il “che” ci può anche stare … ma chi lo stabilisce?
Tutto appare lapalissiano, come se solo loro avessero l’esclusiva sulla sofferenza, il dolore, la croce addosso!
Beh … dentro di noi … LO SAPPIAMO NON E’ COSI’!!! … ma loro, più o meno consapevolmente, ignorano o vi portano ad ignorare la cosa perché per diritto acquisito “sono più importanti PUNTO!” Conta solo questo. E di chi è la colpa? Di chi permette che ciò avvenga. Non raccontiamoci sciocchezze. Se ci trattano male spesso è colpa nostra. E se proviamo a “far ragionare” la persona, inizia il viaggio nei sensi di colpa e nei paragoni paradossali, che non stanno in piedi!
Dunque, tutti soffriamo … siamo esseri umani! la vita, vista da una certa prospettiva è una schifezza per tutti … oppure è una meravigliosa esperienza che va goduta fino alla fine lasciando indietro ciò che futile, tossico, opprimente … insomma … il senso della vita? Trovare il modo di godersela fino all’ultimo istante e se questo significa allontanare gente tossica e negativa fatelo! TAGLIATE SENZA RIMPIANTI e se possibile conservate il meglio. Nel tagliare, iniziate ad immaginare che molta gente non merita che voi gli diate tante opportunità, soprattutto le persone “tossiche” … lasciatele sullo sondo della vostra vita come un ricordo lontano che non v’appartiene più.
Un buon ricordo è meglio di un futuro immaginato con catene ai piedi. In tutto questo, inoltre, l’unica differenza sta nel saper reagire oppure no! … Avete mai sentito parlare di no contact? bene, poi ci arriveremo.
E invece: avete mai sentito parlare della SINDROME DEL VITTIMISMO? Non è uno scherzo: ESISTE ECCOME! O quantomeno gli esperti l’hanno catalogata come tale.
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Per molte persone, non è facile reagire, ecco perché in casi gravi, è importante un supporto professionale. Per altri è vigliaccheria. Oppure comodità.
Sapete quante persone ho potuto “analizzare” (per modo di dire) e quante hanno comprovato che non affrontano le novità per paura o perché (qui viene il bello) altrimenti la loro vita già molto vuota non sa dove attingere? In parole povere:
(cito testualmente) “Se cambio poi di cosa mi lamento?”(segue una risata forzata) – “Lo so che Lui è così, ma non ho il coraggio … o anche se è una stronza, va bene così”! ecc.
Per carità … starebbe bene anche a noi … se poi non passassero il tempo a “sfrangiare i maroni” (volutamente ho usato questo termine – concedetemi questa licenza poetica) con le loro vite irrisolte, inutili, (“dicono continuamente” – ma nessuna vita è inutile) per la quale non hanno voluto correre nemmeno un po’ di sano rischio. Perché non si sono mai voluti mettere in gioco! o perché le abitudini indotte non gli permettono di concepire un immaginario diverso da ciò che – appunto – l’abitudine dannosamente, li ha portati fino a oggi.
Non mi riferisco alle persone in difficoltà. A quelle anime piegate dal dolore, lutti, da un’economia e situazione lavorativa fatiscente. Non mi riferisco a quelli il cui dolore merita rispetto. Mi riferisco a quelli che possono, ma non vogliono e che per tutto il tempo devono far pesare la loro condizione, a chi probabilmente, sta peggio di loro, e avrebbe davvero – e dico davvero – di che lamentarsi.
Sapete qual è la cosa buffa? Che per assurdo, alla fine, reagiscono meglio quelli che i problemi seri li hanno per davvero, rispetto a chi si lamenta perché magari si è solo, come dire … “spezzato un’unghia“! (eufemismo).
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Certo, io non sono nessuno per giudicare e quantificare il dolore altrui … in fondo ciascuno di noi è sensibile a determinati avvenimenti piuttosto che altri … quindi non fraintendetemi: è bello aiutare le persone a risollevarsi nei momenti difficili, rappresentare per loro un’ancora di salvezza.
Però, come in ogni situazione, c’è sempre il furbo di turno che se ne approfitta “prolungando” il periodo di crisi o “enfatizzando” la sua sofferenza. E se c’è, una cosa peggiore, è questa…
Persone accentratrici, che monopolizzano gli individui e strumentalizzano le situazioni.
Ed è a questo punto che subentra il mio accorato appello!
A quanti di voi, fanno parte della categoria “ancore di salvezza”, suggerisco di continuare ad aiutare amici e parenti in difficoltà, però, di tanto in tanto, imparate a dire di no! Fa bene a voi e fa bene anche a chi vi sta sempre col “fiato sul collo!” Pensate anche a voi stessi!
Inoltre aggiungo una considerazione sulla sindrome del vittimismo. Nessuno, e dico nessuno, può dominare gli agenti esterni che inficiano le nostre esistenze, perché altrimenti saremmo dei “padreterni” e non esseri umani. L’unica cosa che c’è concessa è di decidere come reagire e comportarci rispetto alle situazioni avverse. Nessuno ha la “sfera di cristallo” e, per quanto ovvio, non è semplice. Non lo è quasi mai. Ma affrontare le situazioni nel modo più giusto e con una certa consapevolezza acquisita, può fare la differenza. Alcuni psichiatri, sostengono che spesso, davanti al dolore, bisogna stare “in silenzio” e osservarci … vedere dove naturalmente … questa situazione vuole portarci. Ed è corretto.
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Ciò nonostante, i “danni” ci annientano e, alla lunga, ci destabilizzano. Quindi, sguazzare nel vittimismo, dando a tutto e tutti la colpa dei propri errori e delle proprie scelte non serve. Non aiuta. Non risolve e, logora.
Tante persone con cui molti di noi hanno a che fare, si sentono deresponsabilizzate da tutto. Non si assumono rischi, nemmeno i più banali. Qualunque cosa, passata e presente con uno specchio al futuro è colpa di altri e non loro.
Certamente. Incolpare qualcun altro, è semplice. Ma sapete perché succede? Perché ammettere il proprio errore, compromette – appunto – assumersi un rischio, una “novità che spaventa” che per loro non è concepibile nemmeno in un universo parallelo. Modificare il proprio modus operandi, agire, muoversi … no, non è ammissibile!
Spesso la risposta “A me sta bene così, o Io sono così” è quasi scontata, te lo aspetti … ma nessuno è così. Già l’autodefinizione, (sempre per citare uno psichiatra) è una forma di auto-sabotaggio, perché nessuno è nessuno e, ognuno può essere ciò che si sente a seconda delle situazioni. Ma qui rischiamo di uscire fuori tema.
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Poi cominciano le lamentele multiple, che sfociano in finti sensi di colpa … da attribuire sempre ad altri. Insomma: ammettere una responsabilità in un’azione è equivale a modificare un aspetto di sé che non va (per loro) modificato perché un equilibrio già di per sé così “fragile” rischia di incrinarsi e farli precipitare. Una sconfitta? Mai … piuttosto “è colpa di … se sto così” …
La forza, il coraggio, l’affrontare le proprie paure e usare la forza interiore per uscire da un vittimismo, spesso patologico, manca.
Riflettiamo. Non sarebbe bello se almeno una volta nella vita, i vostri amici, familiari, ecc. invece di “attanagliarvi” con i loro problemi, vi chiedessero: come vi sentite (voi?) … Non desiderereste che qualcuno sapesse cogliere, dietro i vostri silenzi, il dolore?
La vera amicizia – supponendo che ci sia – (il rispetto) … è così!! Non un rapporto unilaterale.
Il peggio è che questa negatività che ne deriva, finisce per far acquisire – a noi ancore di salvezza – altre frustrazioni non dovute … ma qui, dovremmo essere noi a dire NO! In fondo “nessuno ci ha chiesto niente e niente dobbiamo a nessuno”. Ogni azione deve incarnare naturalmente un nostro modo semplice di essere. Perché anche coloro che si mostrano “disponibili” per poi riparare con “nemmeno un grazie” non sono poi tanto diversi. Aiutare deve arricchire te. Non l’altro.
Chi tiene davvero a qualcuno, ascolta anche quando l’altro non parla, sente ciò che prova prima che l’altro abbia modo di esprimerlo … Perciò TUTELATEVI ! Nessuno vi ha chiesto di aderire a un ruolo che non è vostro solo per dare “il contentino alla società”.
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I ruoli, le abitudini annientano l’anima. Il vostro essere interiore, ciò che siete nel profondo e che viene naturale spontaneo senza che qualcuno vi “ordini” cosa fare, dove andare, come comportarvi, come essere ecc. È importante! Siate voi pur non essendo voi… siate morbidi e indulgenti con voi stessi … non vi forzate a fare o pensare … seguite l’istinto, ascoltatelo, osservatelo, rendetelo naturale come i respiri che instancabilmente si susseguono senza che voi diate nessun comando …
Dunque – ripeto – TUTELATEVI!! Se nessuno lo fa per voi … soprattutto se vi accorgete che gli altri vi sfruttano a loro uso e consumo – e voi glielo permettete – mentre non si degnano nemmeno di tendervi la mano nei vostri momenti bui!
In aggiunta, suggerisco, in casi estremi un bel NO CONTACT! attenzione però: il no contact (il famoso distanziamento/isolamento di cui si parla e sparla tanto in questo periodo) va eseguito adeguatamente.
Che cos’è il no contact?
Tutti conosciamo il no contact come quel lasso di tempo, indicato generalmente in 21 giorni, nel quale una persona si distacca da un’altra persona… o da una situazione tossica, cioè che fa male e ci stressa.
Tendenzialmente il no contact è applicato in campo sentimentale, ma la tecnica non è nata solo per questo obiettivo.
Chiariamo: innanzitutto il no contact deve essere, non tanto un distacco forzato per far sì che l’altra persona verso la quale la effettuiamo “si renda conto di noi” e torni indietro. Si tratta di un metodo, mentale e profondamente intrinseco per “rigenerare” noi stessi.
Nel senso che deve partire da dentro di noi per purificare/aiutare e per farci rendere conto di eventuali errori ma soprattutto per capire come siamo stati trattati e non ci meritavamo e cosa non vogliamo più accogliere nelle nostre vite. Il No.C. in una relazione sincera, dove c’è stato o c’è vero sentimento può funzionare. Ma se le emozioni erano solo vostre non funzionerà.
Dunque, per il nostro proposito, applicando il metodo con persone che fanno le vittime, vi “disintossicherà” dal fare le ancore di salvezza.
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A quelli appartenenti alla categoria “piattole” invece, vorrei dire che vi esorto a darvi una svegliata!
Nell’universo esistono miliardi e miliardi di particelle, voi siete un dodicesimo della porzione di questi miliardi … le vostre esigenze sono solo vostre e accorgetevi di quanta solitudine vi circonda … potreste davvero stupirvi nel vedere che non lontano da voi c’è qualcuno che di sofferenza ha fatto la sua virtù. E … Di tanto in tanto sarebbe cosa gradita se restituiste il favore!
Per concludere, a quanti di voi, che non appartengono a nessuna delle precedenti categorie, porgo una domanda :
“E’ più solo chi si tiene tutto dentro o, chi si lamenta sempre attirando continue attenzioni su di sé e assoggettando tutti al proprio volere con la più antica forma di ricatto morale che sia mai esistita … (e cioè il pianto) conseguente a lamentele futili da vittima?”
Quante volte avete fatto cose, contro la vostra stessa volontà unicamente perché non siete riusciti a dire no a chi piagnucolava davanti ai vostri occhi, per poi, rendervi conto solo in un secondo momento che era tutta scena?
Forse pensavate, in buona fede, di fare una sana azione, (e magari per lo più è così), di incoraggiare una persona indifesa e “debole” di carattere … Certo … non è poi così debole se è riuscita a tessere la sua tela e ad intrappolarvi al suo interno!
Scommetto che adesso non siete più tanto sicuri di aver fornito il vostro sostegno a chi ne aveva davvero bisogno.
Immagino, o forse no, che starete pensando come le persone non siano tutte uguali e che non si può generalizzare … ma infatti è così!!
Eppure vi suggerisco solo di aprire gli occhi e di non lasciarvi confondere delle apparenze… a volte un lupo ha le docili sembianze di un agnellino e … viceversa!
Oppure bisogna solo ammettere che se la gente ti ” incastra ” è colpa soprattutto di chi si è lasciato incastrare … perché magari non ha, pienamente, il coraggio di prendere posizione nella vita! … chi lo sa.
“Se non posso scegliere come sentirmi, posso scegliere che cosa farci” Cit.