Il delitto di Novi Ligure, vent’anni dopo resta uno dei casi di cronaca nera più inquietanti.
Quella che raccontiamo oggi, è la storia di un quartiere periferico di Novi Ligure, Lodino. Una storia talmente sconcertante, intrinseca e profonda che, ancora oggi a distanza di anni, lascia l’Italia sotto shock.
Sono le 19:50 del 21 febbraio 2001. Una ragazza di 16 anni corre fuori dalla sua abitazione in preda alle urla e, apparentemente all’isteria. Un automobilista, si accorge che qualcosa non va e la soccorre.
Erika De Nardo, afferma sin dall’inizio, che alcuni individui, probabilmente di etnia albanese, hanno ucciso la madre e il fratello più piccolo mentre lei, dopo aver lottato con uno degli assassini, è riuscita a fuggire e a chiedere aiuto.
Sopraggiungono i Carabinieri ed anche il padre di Erika. In casa trovano quello che sarà ribattezzato come un massacro e che, per una serie di dettagli, porterà gli inquirenti a porsi molti dubbi sulla veridicità delle parole di Erika; ma soprattutto a capire che la giovane aveva mentito.
Andiamo per gradi. La scena che si presentò ai carabinieri fu disorientante. Sul corpo senza vita della donna e del figlio, erano stati inferti diversi colpi di arma da taglio. Tuttavia, dopo un primo impatto, gli inquirenti cominciano a farsi delle domande, quesiti che persuadono che non si tratta affatto di un semplice omicidio, ma di una vera e propria carneficina.
Il corpo di Susy Cassino si trova in cucina; il piccolo Gianluca De Nardo, di solidi 12 anni, nella vasca da bagno. La ragazza abbracciata al padre fa una sola telefonata a Omar Mauro Favaro, di anni 17 – il suo fidanzatino – che li raggiunge piuttosto velocemente.
Novi Ligure: i primi sospetti
La giovane Erika, viene condotta alla stazione dei Carabinieri dove dà la sua versione dei fatti
<<Ero nella mia camera ad ascoltare musica con le cuffie, saranno state le 20:30 passate; a un certo punto ho sentito la voce di mio fratello che rientrava con la mamma dai suoi allenamenti. Chiedeva aiuto>>.
Continua così poi il suo racconto, asserendo anche di come la madre l’abbia salvata da quella che era la furia dei presunti malviventi:
<<Mamma mi è venuta incontro gridando: Vai via! scappa scappa! Mi si è messa quasi davanti come per proteggermi>>.
Gli ispettori sono perplessi. In un altro interrogatorio rivolto a Omar, sono riscontrate incongruenze e punti illogici rispetto alla versione che, poco prima, aveva rilasciato Erika.
Inoltre, le tracce ritrovate sulla scena del delitto – che lasciavano poco spazio alle interpretazioni – hanno evidenziato subito le prime ambiguità.
A quel punto gli inquirenti, decidono di lasciare i due giovani soli in una stanza. Credendo di non essere ascoltati, iniziano a fare determinati discorsi che hanno portato i carabinieri a metterli in stato di fermo. Purtroppo, tutto questo, non era ancora sufficiente per inchiodare Erika e Omar.
La svolta
I due ragazzi, stando a ciò che è riportato mezzo stampa, parlano tranquillamente per circa due ore di quanto avvenuto nell’abitazione dei De Nardo; ignari – come detto – di essere intercettati dalle forze dell’ordine.
Emergono particolari agghiaccianti. Ciò nonostante, durante quella conversazione, risalta un altro dettaglio che, solo tempo dopo chiarì la personalità dell’allora sedicenne.
Erika aveva un atteggiamento freddo, tranquillo, quasi innaturale, che se da un lato poteva lasciar pensare a una persona sicura di sé, dall’altro era indice di una personalità cupa.
Omar, diversamente, era spaventato, in stato di agitazione ma soprattutto molto preoccupato di ciò che sarebbe accaduto perché si era reso conto che la sua vita dipendeva soprattutto da come i carabinieri, avrebbero interpretato la sua dichiarazione; o per meglio dire, da ciò che sarebbe emerso deducendo la versione della fidanzata.
Intanto i carabinieri cercano di comportarsi naturalmente facendo in modo da tranquillizzare i due giovani, entrando di tanto in tanto nella stanza. Una volta rimasti di nuovo soli, il dialogo fra i due riprende. Quelli che a prima vista sembrano discorsi tra due adolescenti un po’confusi, sfociano in una terribile verità. I dettagli chiari e cruenti sono ora sufficienti per l’arresto di Omar ed Erika confermando, tristemente le loro gravi responsabilità. Carlo Carlesi, il procuratore di Alessandria accusa i ragazzi del duplice omicidio.
Il caso, il processo, l’epilogo
Il 14 dicembre del 2001 Erika e Omar sono processati con rito abbreviato: condannata a 16 anni lei e 14 lui. Il caso si chiude così.
Nonostante il PM inizialmente aveva chiesto rispettivamente 20 e 16 anni, la difesa per incapacità di intendere e di volere riesce ad ottenere la riduzione della pena.
Affiora che Erika era affetta da un disturbo della personalità che, di conseguenza, l’ha portata a ideare questo terribile delitto. Ciò mette sotto i riflettori che questo non poteva considerarsi un omicidio premeditato ma il frutto delle sue turbe.
Contrariamente, Omar fu descritto come una sorta di burattino, un emissario nelle mani di questa ragazza; si aggiungono delle affermazioni del diciassettenne, riportate da alcuni quotidiani nei titoli di vent’anni fa:
<<Lei mi mise una lama alla gola e disse che dovevo darle una prova d’amore>> con il suo conseguente pentimento sull’accaduto.
Alla fine di maggio del 2002 anche la condanna è convalidata in Appello. La Cassazione poi confermerà definitivamente la stessa.
Nell’anno 2005 Omar riesce ad ottenere il permesso per uscire dal carcere e fare volontariato. Il 3 marzo del 2010 sarà scarcerato, dopo aver scontato solo 9 anni, con uno sconto di pena di tre.
Il 5 dicembre del 2011 viene disposta anche la scarcerazione di Erika. Ciò nonostante il terribile ed efferato gesto di della De Nardo, agli occhi di molti, non è sembrato espiato. Il padre di Erika, le resta accanto, anche nei lunghi anni della detenzione. Il delitto di Novi Ligure passa alla storia giudiziaria, come uno dei casi tristemente conturbanti della cronaca nera italiana.
Il delitto di Novi Ligure